Tutto fermo, dallo sport alla vita di tutti i giorni, non per ultime le ultime restrizioni inerenti anche all’apertura dei supermercati nel weekend. Insomma l’Italia dovrebbe in un ceto qual senso provare a imitare il modello Cina per cercare nel giro di due mesi di salvarsi, almeno questo è quanto ripetutamente gli esperti ci ripetono. Fatto sta che le regole forse a noi italiani (e non solo ai meridionali, ai campani) non piacciono. E continuano in molti a fare i furbetti, da Nord a Sud mentre medici infermieri lottano in trincea. Una situazione forse quasi surreale quella che stiamo vivendo ma che in qualche modo dovrebbe darci il senso di quello che è la vita o comunque quello che era la normalità, una normalità data troppe volte per scontate. Ed ecco arrivare, al di là del lavoro, del restare a casa, non uscire, niente ristoranti, i weekend senza calcio, senza sport. Credo che sia la prima volta almeno nella storia degli ultimi vent’anni che lo sport si ferma, che il calcio si ferma e questo solo dovrebbe bastare per comprendere l’entità e la gravità di ciò che stiamo vivendo.
Di questo e altro ne abbiamo parlato con tecnico biancoverde De Siano.
Uno stop obbligato che ha messo forse in difficoltà tutto lo sport, non solo quello dilettantistico, ma nello specifico voi come lo state vivendo?
«Credo un po’ come tutti, con la speranza di tornare presto in campo perché ciò significherebbe che ne siamo usciti, che siamo slavi e che la pandemia è terminata. In un certo senso viviamo un qualcosa di surreale, qualcosa che non è mai successo e che pertanto è ovvio fa paura. Sento i ragazzi quasi tutti i giorni ed ognuno sta cercando di fare quel che può. Fin dall’inizio delle restrizioni, quando ancora comunque non erano del tutto così imponenti, la società ha fatto in modo che noi tutti le rispettassimo. Purtroppo fino all’8 marzo avevano dei programmini, penso che nessuno ora si stia allenando se no tramite qualche piccolo esercizio da poter fare in casa. Il prof comunque ci ha dato dei programmini da seguire e in qualche stiamo cercando di attenerci a questi, ma è molto difficile, sia per questioni di spazio, sia anche mentalmente. Quando vengono a mancare le motivazioni come il dover scendere in campo, competere, risulta difficile trovare poi la giusta forma mentis per allenarsi, oltre al fatto che come è ovvio che sia siamo tutti un po’ preoccupati».
In merito al campionato disputato fino a qualche settimana fa cosa ci dice?
«Beh, eravamo partiti bene subito dopo la sosta natalizia, con il mio arrivo. Poi però le cose non sono andate bene soprattutto dopo la sconfitta col Pomigliano dove siamo per così dire collassati. Non abbiamo più avuto modo di giocare con i nostri elementi di spicco, quali Dioff che oltre all’espulsione ha avuto un problema col passaporto, e Babù per via dell’infortunio, ha recuperato col Barano e siamo riusciti ad averlo in campo solo due volte ancora poi niente più. Ma questo era un problema che sapevo prima ancora di accettare l’incarico come avevo detto alla società la coperta era troppo corta. Abbiamo una squadra giovanissima con Babù e Dioff l’età media era di 21 anni, senza loro abbiamo praticamente una juniores: 19 anni appena. Purtroppo era dura e lo sapevamo. Se avessimo potuto giocare credo che in queste ultime partite saremo riusciti a portare a casa qualche risultato visto che nelle ultime sei gare eravamo impegnati con compagini alla nostra portata ma questo sempre se riuscivamo a recuperare Dioff e Babù. Per quanto concerne le altre squadre a mio parere l’Afragolese è senza alcun dubbio quella più preposta alla vittoria del campionato, la Frattese per quanto un’ottima squadra ha comunque dei problemi societari e ciò sappiamo bene che non fanno bene alla squadra, al rendimento. A prescindere da tutto e tutti per e la migliore squadra resta il Pomigliano, è molto forte ed ha un allenatore molto bravo».
E’ dell’altra sera la notizia di un nuovo caso di Coronavirus sull’isola come lo state vivendo? Quanta paura c’è?
«L’ho sempre detto ai miei calciatori in merito alle partite e credo proprio che valga lo stesso anche ora in questa situazione, la paura non è vergogna, più cresce la paura in tutti noi e più siamo a casa. Bisogna rispettare le regole, più tempo si sta a casa e prima torniamo alla normalità»