Don Gioacchino e l’isola solidale: «così aiutiamo le famiglie ucraine»
Il sacerdote e referente della Caritas per la Diocesi di Ischia a cuore aperto in una lunga intervista a Il Golfo: riflettori sulla necessità di aiutare chi vive la guerra ma anche momenti di difficoltà economia ma non mancano riflessioni sulla condizione dei lavoratori isolani e la stoccata alla politica definita «troppo lontana dai bisogni della gente»
La Pasqua è momento di resurrezione e rinascita; dopo due anni di pandemia il significato di questa festività sembra assumere una valenza anche metaforica e non solo religiosa, anche se purtroppo la guerra ha fatto nuovamente irruzione in Europa.
«Sì, potremmo amaramente dire che non ci facciamo mancare niente. La pandemia non è finita ma sembrava che ci fossero degli spiragli di luce in fondo al tunnel, e poi è arrivata questa guerra che sta attanagliando popoli vicino a noi. Dunque mai come oggi la parola “resurrezione” deve acquistare una valenza realmente significativa, perché abbiamo bisogno di risorgere a tutti i livelli: a livello soprattutto umano, perché con questa guerra viene messo in evidenza l’aspetto più negativo e drammatico dell’uomo, che si scaglia contro un altro uomo. Quindi la Pasqua di quest’anno mi auguro abbia assunto il significato di vera resurrezione».
Come sta rispondendo Ischia in termini di accoglienza ai profughi ucraini giunti sull’isola?
«Noi abbiamo i dati di coloro che seguiamo tramite la Caritas diocesana: complessivamente sono settanta le famiglie ucraine che si sono rivolte ai centri Caritas di Ischia e di Forio. Seguiamo queste settanta famiglie con l’aiuto e il contributo di tutta la comunità isolana. Teniamo presente che attraverso il banco alimentare della Caritas sull’isola assistiamo circa 1200 famiglie: i generi alimentari arrivano dall’Unione europea tramite il Banco delle opere di carità di Caserta per poi venire distribuiti a tutti gli enti assistenziali della regione. In tal modo, ogni mese ci riforniamo presso il banco di Caserta per poi distribuire i generi alimentari ai vari nuclei familiari isolani».
«Di fronte alla tragedia della guerra, dove l’uomo si scaglia contro un altro uomo, spero abbiamo dato a questa Pasqua il suo più autentico significato di resurrezione»
Ads
Sull’isola la catena di solidarietà finora ha dato buoni frutti?
«Sì, e non soltanto a livelli di singoli volontari che consegnano la spesa ai centri Caritas: c’è stato un fattivo contributo anche da parte delle catene alimentari che ci sostengono in queste necessità, specialmente adesso che abbiamo aperto il cosiddetto “emporio della solidarietà” nel cuore di Forio, a Monterone. Abbiamo infatti aperto un altro Centro Caritas, e uno dei servizi offerti è proprio questo emporio: si tratta in pratica di un minimarket dove non circolano soldi, ma c’è una cassa dove vengono distribuite delle speciali“card” a persone che hanno compiuto un percorso presso i centri di ascolto Caritas. Queste card hanno un sistema di punti che possono essere spesi nell’emporio, ottenendo quei prodotti di cui le persone hanno effettivamente bisogno in quel momento, non soltanto dal punto di vista alimentare, ma ad esempio anche dal punto di vista di igiene personale, di pulizia domestica. Stiamo cercando di superare la vecchia impostazione costituita dal consegnare un insieme di prodotti standard, senza possibilità di scelta da parte dei riceventi, i quali invece grazie all’emporio possono scegliere in maniera più aderente alle diverse esigenze effettive di ciascuno».
«Complessivamente sono settanta le famiglie ucraine che tramite i centri Caritas di Ischia e di Forio stiamo seguendo con l’aiuto e il contributo di tutta la comunità isolana»
Quali saranno le prossime iniziative di Caritas e Diocesi?
«Il parroco di Barano, don Pasquale Trani, sta organizzando per il 25 aprile un viaggio nelle immediate vicinanze delle aree di conflitto tra Polonia e Ucraina per portare generi di prima necessità, e valutare tramite contatti con un sacerdote del posto l’opportunità tramite un corridoio umanitario di far venire persone a Ischia che finora non hanno potuto spostarsi».
Nonostante la grande mobilitazione per i rifugiati ucraini, l’Italia e l’Europa molto spesso non predispongono analoga accoglienza verso chi fugge dalla guerra in Libia, in Siria e in Afghanistan, lasciando per mesi tali profughi, bambini compresi, al gelo delle frontiere polacche oppure ostacolandone il soccorso in mare: non le sembra stridente questa “solidarietà selettiva” che tende a dividere i profughi, quasi che esistessero quelli di serie A e quelli di serie B?
«Lei ha perfettamente ragione. Papa Francesco non perde occasione, richiamandosi ai tristi fatti di cronaca con i barconi di profughi che si rovesciano tragicamente mietendo vittime nel mar Mediterraneo, di lanciare il suo appello, richiamandoci come umanità a “darci una regolata”: non possiamo assolutamente chiudere gli occhi di fronte a queste tragedie. Queste persone non vengono qui per divertimento, ma sono costrette dalle necessità, della fame e della guerra, a lasciare i loro Paesi per cercare un po’ di serenità, e noi tante volte ci giriamo dall’altra parte. Questo non va bene, e fa piangere il cuore».
«A Forio abbiamo costituito il cosiddetto “emporio della solidarietà” dove i beneficiari possono scegliere i prodotti, non solo alimentari, che meglio si confanno alle proprie esigenze»
Sull’isola intanto resta pressante il problema povertà e non mancano gli imprenditori che continuano a offrire stipendi da fame al proprio personale. Insomma pare che veramente si cerchi di approfittare in maniera indecente dell’altrui indigenza.
«Sì, questo è uno dei punti dolenti della realtà locale. Anche i precedentiVescovi, Lagnese e Strofaldi, hanno sempre battuto su questo tasto della giustizia retributiva: non si possono sfruttare i lavoratori per scopi di profitto personale. La questione resta purtroppo attuale: tuttavia non tutti gli imprenditori operano in tal modo. Ci sono quelli che agiscono con giustizia, e purtroppo ci sono ancora diversi “furbetti”».
«Fa male vedere che la solidarietà a volte non viene elargita ai profughi che arrivano dall’Africa e dall’Asia: Papa Francesco ci ammonisce spesso a non girarci dall’altra parte, mentre continuano a verificarsi grandi tragedie nel Mediterraneo»
Quale impronta ha lasciato fin qui sull’isola il vescovo Pascarella?
«Il Vescovo si è fatto molto benvolere dalla comunità isolana. Anche se la sua presenza tra noi non è quotidiana, è comunque continua. Sia da parte dei sacerdoti sia da parte dei fedeli egli ha avuto un’accoglienza filiale e paterna».
In una realtà come quella isolana ritiene che la Chiesa riesca ancora a vivere in simbiosi con la comunità o forse andrebbe fatto qualche passo avanti?
«C’è bisogno di una riflessione da ambedue le parti, da parte della Chiesa ma anche da parte della società. Si deve necessariamente camminare insieme: non si può avanzare divisi, ognuno per strade diverse. Si dice che l’unione fa la forza, e ciò è vero anche e soprattutto in questo campo. Ciascuna parte ha bisogno dell’altra per arrivare a un reale progresso, anche nell’ottica di un confronto ma sempre costruttivo e mai distruttivo. Tanto volte si commette l’errore di avanzare critiche distruttive, cosa che si dovrebbe sempre evitare, da una parte e dell’altra».
“Ascolta, accogli, ama”, disse Papa Giovanni Paolo II, ma siamo ancora l’isola dell’accoglienza o stiamo perdendo quei valori che ci hanno sempre caratterizzati?
«L’allora Vescovo Monsignor Strofaldi, quando accolse Papa Giovanni Paolo II nella sua visita a Ischia, volle subito far emergere delle opere-segno per dare vita a questo messaggio. Volle quindi l’istituzione di un consultorio familiare, un centro di ascolto e un centro di prima accoglienza, che è situato a Forio in località Scentone e che è stato intitolato proprio a Giovanni Paolo II. Adesso è momentaneamente chiuso per lavori di ristrutturazione. Nei primi tempi lo abbiamo gestito noi come Caritas diocesana confidando soprattutto sul volontariato delle parrocchie, poi lo abbiamo affidato all’associazione “Nuovi orizzonti” e attualmente è gestito dall’associazione “Giovanni XXIII” di don Oreste Benzi che opera anche sulla nostra isola tramite questo centro di prima accoglienza. Dunque per quanto riguarda l’appello del Papa affinché la Chiesa che vive in Ischia sappia ascoltare,accogliere e amare, si può dire che noi abbiamo fatto e facciamo tutto il possibile per non farlo cadere nel vuoto».
«Il Vescovo Pascarella si è fatto molto benvolere dalla comunità isolana. Anche se la sua presenza tra noi non è quotidiana, è comunque continua. Sia da parte dei sacerdoti sia da parte dei fedeli egli ha avuto un’accoglienza filiale e paterna»
Quale appello da sacerdote vuole rivolgere agli ischitani?
«L’appello è quello di continuare a spalancare le porte del cuore alle necessità e ai bisogni delle persone più fragili, e a non chiudersi nel proprio egoismo che spingere a pensare solo ai propri interessi. L’appello della Pasqua è proprio questo, di far rotolare dal sepolcro i macigni, che tante volte ci fanno vivere una vita da “morti dentro”. Anche noi abbiamo bisogno di togliere i macigni dai sepolcri».
«Sull’isola abbiamo accolto l’invito di Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita nel 2002, istituendo un consultorio familiare, un centro di ascolto e un centro di prima accoglienza»
Un’ultima domanda: la politica isolana non le sembra troppo spesso lontana dai bisogni della gente?
«Sì, purtroppo è qualcosa che accade troppo spesso, e non soltanto sull’isola. La politica in genere cade nel giochetto di riempirsi la bocca di tante belle parole, di tante promesse, che poi rimangono vuote perché non si realizzano. Da una parte sembra che la politica sia vicina ai cittadini, mentre dall’altra si finisce per non perseguire mai il bene comune, ma si arriva quasi sempre a perseguire meri interessi di parte, anche a fini elettorali».
«La politica appare troppo spesso lontana dai bisogni della gente: ci si riempie la bocca di belle parole e di promesse elettorali, per poi perseguire meri interessi di parte, senza fare il bene comune»