Covid19, l’allarme di Del Deo: «Fare attenzione, l’isola non è al sicuro»
Il sindaco di Forio esamina l’evolversi dell’emergenza sanitaria che sta mettendo a durissima prova i cittadini e l’economia isolana: «Dobbiamo continuare a resistere. Solo restando in casa e mostrando compattezza potremo uscire da questa situazione»
Il coronavirus è arrivato anche qui sull’isola. Ritieni che la situazione, nonostante l’elevato numero di casi do covid19, sia sotto controllo o si deve parlare di potenziale campanello d’allarme?
«La situazione non è sotto controllo a Ischia, come non lo è in Lombardia o altrove. Non sappiamo quanto si sia esteso il contagio di questo coronavirus. Tranne Lacco Ameno, tutti gli altri Comuni hanno avuto casi di contagio, e anche due giorni fa c’è stato un altro caso a Casamicciola. Nessuno può dire che la situazione è sotto controllo. Siamo di fronte a un nemico invisibile, i contagiati possono essere sintomatici o asintomatici. L’unico modello a cui si può guardare come esempio è la Cina, che ha avuto il coraggio di “chiudere” l’intera regione di Wuhan, grande due volte la Francia con 140 milioni di abitanti: non sono riusciti a debellare il fenomeno, perché ci sono ancora focolai, ma almeno hanno fortemente contenuto il contagio, che si è drasticamente ridotto. La strada è questa: chiedere ai nostri cittadini di continuare a fare sacrifici come quelli finora sostenuti. In questi giorni ho visto un po’ troppa gente per strada. Credo invece che non dobbiamo assolutamente la presa, ma anzi dobbiamo continuare a rispettare le norme emanate dal Governo per uscirne il prima possibile. Se a Ischia dovesse svilupparsi anche un piccolo focolaio con casi bisognosi di terapia intensiva e respirazione assistita, saremmo in una situazione molto pericolosa: il trasporto dei pazienti verso la terraferma sarebbe quasi impossibile, viste le modalità necessarie (ad esempio dovremmo munirci di barelle contenitive, ecc.) e del resto non è che in terraferma ci siano molti posti disponibili».
Casamicciola lo ha fatto in proprio, gli altri quattro sindaci di comune accordo. Migliaia di test rapidi, in che cosa possono costituire un valore aggiunto?
«Sono oltre quarant’anni che faccio politica, pur se sono ancora molto giovane – dice sorridendo il sindaco con la consueta ironia che usa per sdrammatizzare – e generalmente con gli altri sindaci si è sempre cercato di agire d’intesa, anche perché in un momento come questo non è il caso di voler fare i protagonisti o fare a gara a chi “arriva primo”. Dico questo anche perché avevamo parlato in videoconferenza tutti insieme durante un intero pomeriggio per concordare l’acquisto dei test rapidi, poi qualcuno ha invece pensato di “fare da sé” e alla sera ci siamo trovati di fronte a questa iniziativa unilaterale. In ogni caso i test che abbiamo ordinato sono in quantità tale da coprire il 10% della popolazione isolana. Io darò la disponibilità di fornirli eventualmente anche ai cittadini di Lacco Ameno, visto che il Comune non li ha ancora ordinati. Il problema è dell’intera isola, senza divisioni e confini. Circa l’utilità di questi test, la circolare ministeriale dice che non sono ancora affidabili ma sono utili per indagini epidemiologiche sulla circolazione del virus. In caso di negatività sono affidabili al 90%, mentre in caso di effettiva positività la percentuale di affidabilità si abbassa al 70-80%: servono quindi a livello preventivo quando in caso di positività si può delimitare il gruppo di persone da tenere sotto controllo che hanno avuto a che fare con il soggetto positivo. Quindi questi test possono essere considerati un valore aggiunto, come screening iniziale».
Tempi lunghi per ottenere un tampone e se possibile ancora più lunghi per processarlo. L’Asl finisce inevitabilmente nel mirino, quali responsabilità ha effettivamente l’azienda sanitaria locale?
«Bisogna dare assolutamente una robusta accelerazione all’esecuzione e analisi dei tamponi, sia a chi ne ha fatto richiesta, sia a livello di tempistica per l’esito delle analisi. Abbiamo tamponi la cui richiesta è stata fatta il 24-25 marzo e ancora adesso non sono stati analizzati. Circostanza che va ad annullare il principio di prevenzione necessario in casi del genere. Ecco perché ribadisco che è fuori luogo parlare di “situazione sotto controllo” quando abbiamo diverse richieste di tamponi non ancora eseguiti e di analisi non ancora effettuate a vari giorni di distanza. Vista la nostra insularità e i disagi ben noti, noi abbiamo spiegato alla Regione Campania che va in ogni modo evitato lo svilupparsi di un focolaio sull’isola».
Quando questa esperienza, speriamo presto, sarà alle spalle, cosa bisognerà fare per potenziare l’ospedale Rizzoli?
«Pur con tutta la buona volontà, all’interno del Rizzoli non si possono allestire percorsi completamente sicuri perché parliamo di una struttura risalente agli inizi degli anni ’60. Oggi esistono nuovi standard progettuali e lo stesso vale per i percorsi, che implicherebbe un ridisegno radicale della struttura. Naturalmente la prima cosa da fare è accelerare l’ampliamento già promesso: al momento abbiamo solo 58 posti letto, e anche se l’ampliamento permetterà di avere 114 posti, ci troveremmo sempre in affanno perché abbiamo una popolazione che sta rapidamente invecchiando e perché nella stagione turistica la popolazione aumenta esponenzialmente. In tempi in cui le pandemie viaggiano veloci, sarebbe importante già avere un ampliamento della rianimazione: in tal modo, in caso di positività ai virus, il paziente potrebbe essere immediatamente inserito in un percorso sicuro all’interno della struttura. Spero che la Regione possa portare avanti in tempi celeri l’ampliamento della struttura, di dimensioni almeno doppie rispetto a quanto preventivato».
I buoni spesa affidati ai Comuni, due domande. Le risorse sono sufficienti? E cosa risponde a chi batte sul fatto che bisognerà operare con rettitudine per garantirli davvero alle famiglie più bisognose?
«Che i fondi siano sufficienti o no, potremo dirlo soltanto quando saranno arrivate tutte le domande e avremo calcolato il relativo riparto. Se non ce la dovessimo fare, metteremo in campo altre soluzioni. Potremmo anche chiedere il supporto di imprenditori locali che possono aiutarci, ma di sicuro non abbandoneremo i cittadini. Dovranno essere aiutati anche i tanti lavoratori stagionali che a marzo avrebbero dovuto riprendere l’attività. La situazione andrà gestita con equilibrio ed equità. Bisogna smetterla con quelli che fanno campagna elettorale permanente andando a distribuire mascherine a chi non riusciva a reperirle e dicendo ai cittadini di ricordarsene la prossima volta al momento del voto: è un comportamento vergognoso, uno sciacallaggio. Adesso bisogna mettere da parte la propaganda e le divisioni politiche, ciascuno deve fare la sua parte, dal sindaco agli assessori ai singoli consiglieri comunali».
In un momento in cui la macchina amministrativa è ferma, registriamo comunque la riapertura di via Giovanni Mazzella. Una promessa mantenuta in un momento di estrema emergenza, non era facile riuscirci.
«Sin da quando presentammo il nostro programma ai cittadini abbiamo spiegato che la nostra è la politica del “fare”. Avevo promesso che al massimo entro un mese e mezzo, e in ogni caso prima di Pasqua, avremmo riaperto la strada che porta a Citara. E ancora una volta la nostra amministrazione ha mantenuto l’impegno preso. Cercheremo di continuare l’opera anche nella zona del Fortino e in altre parti del territorio che necessitano di un intervento».
Quando si uscirà dall’emergenza a suo avviso? L’isola riuscirà a vivere almeno una fetta di stagione turistica?
«Dobbiamo essere realisti, senza fomentare false illusioni, e ammettere che la stagione turistica è ormai persa. Anche come Ancim, l’associazione dei comuni delle isole minori, chiederemo aiuto al Governo. Se l’emergenza fosse completamente terminata ad aprile, forse avremmo potuto salvare i mesi di luglio, agosto e settembre, ma da come stanno le cose credo che l’emergenza assorbirà anche il mese di maggio con uno strascico anche a giugno. Sicuramente non avremo flussi turistici dall’estero, ma credo che nemmeno gli italiani si metteranno in viaggio, col pericolo di non sapere chi si ha al proprio fianco in aereo, in treno, sul traghetto o sui bus. Ciò creerà grossi problemi anche alle casse comunali, che dovranno fare a meno della tassa di soggiorno. Va precisato anche che quella famosa “rimessa” di 4,3 miliardi ai Comuni non sono altro che un’anticipazione sulla rata, detta impropriamente “di solidarietà”, di quei soldi che i concittadini versano nelle casse dello Stato: una piccola parte che ritorna indietro, tutto qua, per mantenere in piedi tutti i servizi primari. Solo i 400 milioni per i buoni-spesa sono a scopo “di solidarietà”. In pratica sono soldi che spettavano già ai Comuni, ma sono soltanto stati anticipati. Ora non potremo contare nemmeno sul gettito Imu».
La nostra economia, che si basa su una sola risorsa, rischia di collassare. Lei è pessimista? Quali iniziative bisognerà muovere anche presso il Governo centrale?
«L’assistenza finora apprestata è fondamentale. Ma non creerà nuovi posti di lavoro né eviterà la chiusura delle aziende, specie le piccole e medie imprese, che non avranno più le condizioni per ripartire. E la percentuale di tali aziende può arrivare al 10% del totale. Le misure finanziarie non bastano: servono misure di politica fiscale ed economica. Anzitutto ridurre l’imposizione sui redditi più bassi, poi adottare misure di detassazione dei proventi da investimenti in aziende, per favorire la canalizzazione del risparmio verso il sistema produttivo. Anzi, vedrei positivo un ruolo della Cassa Depositi e Prestiti nel prestare forme di garanzie di tali investimenti, per tutelare i risparmiatori. Questo darebbe alla Cassa una “potenza di fuoco” molto superiore a quella che avrebbe acquistando aziende in crisi o emettendo titoli per la ripresa. Insieme a questo, è necessario che l’Europa, in deroga alle disposizioni vigenti e indebitandosi sul mercato, emetta titoli a lunghissima scadenza, da destinare al ristoro di aziende per le perdite subite durante la chiusura; al finanziamento di progetti di sviluppo; a sostenere ulteriori misure di welfare, anche per stimolare la domanda».
Un appello ai cittadini foriani e dell’intera isola…
«Mi rivolgo a tutti i cittadini dell’isola, chiedendo loro di rimanere a casa, perché è l’unico mezzo che al momento abbiamo per frenare l’avanzata del virus. Uscendo, rischiamo di portare il covid-19 in casa, alle persone anziane, a quelle malate, ai nostri figli, anche perché adesso non c’è più una fascia di età più soggetta delle altre, come si credeva, perché purtroppo il virus colpisce indistintamente. Mi rendo conto che è un grosso sacrificio per noi che viviamo in un paese democratico, e che adesso stiamo cominciando a provare cosa significa la restrizione della libertà personale, ma chiedo a tutti di continuare a sopportare tali misure e di aiutarci reciprocamente, in modo da evitare lutti tra i propri cari. Da questa situazione possiamo venirne fuori, e lo faremo se saremo compatti».
Farebbe meglio a controllare i cantieri aperti(nel chiuso dei cancelli degli alberghi al cuotto,panza e citara )con approvvigionamento notturno dei materiali edili