Così il caro energia rischia di “uccidere” le aziende isolane
Il vertiginoso aumento dei costi dell’energia sta iniziando a mostrare le sue conseguenze più pesanti sull’intera economia internazionale. E anche sull’isola il panorama che si sta delineando è di quello a tinte fosche, come si evince dalle analisi degli addetti ai lavori. Marco Laraspata, presidente dell’Aicom isola d’Ischia, è piuttosto analitico nell’illustrare il contesto che si sta materializzando: «Sta scoppiando la corsa per cercare di cambiare fornitore di energia, ma ci sono dei tempi incomprimibili. Il Pun, ovvero il prezzo unico nazionale che costituisce il prezzo di riferimento all’ingrosso dell’energia elettrica che viene acquistata sul mercato della Borsa Elettrica Italiana, è schizzato alle stelle e a ottobre salirà ancora. Siamo oramai a prezzi anche otto volte superiori a quelli di un anno e mezzo fa. Chi è stato un po’ più lungimirante aveva stipulato contratti misti, cioè agganciati al Pun con lo spread aziendale più una quota fissa media, e adesso sta pagando il doppio o il triplo, ma non arriva a pagare cinque o sei volte tanto. Detto questo, io credo che le aziende isolane maggiormente colpite dall’incremento abnorme dei prezzi dell’energia siano semplicemente tutte, ovviamente in rapporto al loro volume d’affari: un piccolo negozio d’alimentari che prima pagava duemila euro adesso ne paga dai 4500 ai 6mila.
Un ristorante o un bar, con tutte le macchine accese, e col fitto da pagare, è al limite della chiusura, ma la chiusura non è un’opzione perché significherebbe la morte definitiva dell’esercizio. Chi invece è proprietario dei locali, sta soffrendo e la gran parte cerca di far fronte con la dilazione del pagamento delle bollette: inoltre molti pensano alla domotizzazione delle apparecchiature, gestendo a distanza accensioni e spegnimenti per risparmiare energia. Comunque in queste condizioni anche un supermercato è pesantemente colpito, tuttavia rispetto ad altre attività è quello che marginalizza un po’ di più grazie agli acquisti in piattaforma che danno margini più ampi: peggio va, come detto, alle piccole attività. E la dilazione non è un metodo risolutivo perché posticipa soltanto la cosa. Fra l’altro molte di queste imprese hanno già un mutuo sulle spalle, magari contratto durante l’emergenza-covid, e adesso si sono viste arrivare questa nuova mazzata. Credo che molte attività durante i mesi invernali osserveranno lunghe pause: l’estate è andata molto bene, e quindi molti stabilimenti balneari chiuderanno prima. Chi invece lavora con celle frigorifere da mantenere costantemente accese, passerà molto guai. L’inverno sarà duro, il carovita limiterà i consumi, la gente uscirà e spenderà di meno, i grossisti hanno aumentati i prezzi, i negozi e i locali di conseguenza hanno fatto lo stesso. Questa crisi rende evidente la necessità, per tutte le aziende, di creare sempre un apposito fondo-rischi, dove accantonare una parte di profitto nei momenti più favorevoli, per fronteggiare i periodi negativi».
Nerissime anche le previsioni di Francesco Pezzullo, responsabile Confesercenti Ischia: «Sicuramente le prime a soffrire saranno le piccole imprese del terziario, viste le bollette più che triplicate, e a poco o nulla serve la dilazione, perché poi il problema si ripropone dopo un paio di mesi. Adesso è il momento delle scelte: rimanere aperti, consumare energia, oppure chiudere. È da tempo che dico che a breve ci sarà una vera e propria desertificazione commerciale: quest’inverno sicuramente diverse aziende chiuderanno, perché non potranno pagare bollette da 4mila euro. Rimanere aperti con scarsa clientela sarà insostenibile. In proporzione alle proprie dimensioni, comunque, tutti dovranno fronteggiare un calo notevole: gli albergatori avranno problemi complessi visto che mantenere aperte grandi strutture. L’unica soluzione sembra quella di tornare indietro di trent’anni, cioè di chiudere fino a marzo, quando il mercato torna a muoversi: visto che non riusciamo mai a destagionalizzare, tale soluzione non sembra irreale. Gli affitti sono rimasti uguali, non c’è stata alcuna riduzione dei canoni. Praticamente impossibile accumulare una quantità di incassi in soli cinque mesi per poi far fronte alle enormi spese per mantenere aperto nel resto dell’anno. Abbiamo già avuto incontri con le banche visto che molte aziende sono già in sofferenza: stiamo cercando di prevedere degli aiuti ed evitare che chiudano. Il pericolo è a brevissimo termine, da qui a Natale già vedremo già cadere alcune attività».
Anche Marco Bottiglieri, coordinatore dell’Assoturismo confesercenti Campania, punta il dito sulle dimensioni del problema, le cui conseguenze negative forse non sono ancora state messe a fuoco compiutamente: «Sicuramente le strutture alberghiere, visti gli altissimi costi che già normalmente devono sostenere, saranno fortemente colpite dal caro-energia. Abbiamo già partecipato ad alcuni incontri a Napoli per capire meglio quali saranno i reali sviluppi: adesso è solo l’inizio di questa escalation nelle cifre delle bollette, e ci si sta rendendo conto che le strutture dovrebbero teoricamente lavorare sempre costantemente a pieno regime, altrimenti non potranno mai far fronte a tali costi. Molti alberghi dunque chiuderanno prima della data stabilita, dopo aver fatto qualche calcolo. Fra l’altro il triplicarsi delle bollette era impossibile da preventivare un anno fa, quando molti alberghi avevano fissato i prezzi senza immaginare tali aumenti. Il problema resta in ottica della prossima stagione. Tuttavia anche le altre attività, dai piccoli negozi agli stabilimenti balneari, sono a fortissimo rischio: forse non ci si è ancora resi conto della dimensione del problema, ma se entro un mese non cambia qualcosa, credo che sarà in pericolo la stessa tenuta sociale».