Da un po’ di tempo, su queste colonne, stiamo insistendo sulla crescente difficoltà degli amministratori pubblici ma anche degli imprenditori privati, di agire nell’alveo di una programmazione. Un conto era parlare di “pianificazione” 50 anni fa, altro è parlarne oggi, in presenza di guasti (a volte irreparabili) del territorio, di influenza della globalizzazione, di inadeguatezza della classe dirigente (politica e non) e soprattutto in presenza di sempre più frequenti fenomeni naturali (terremoti, alluvioni, pandemie) che provocano una destabilizzazione permanente e un prosciugamento delle risorse finanziarie, che lasciano poco o niente agli investimenti in opere pubbliche non direttamente legate alla risoluzione dei danni arrecati da tali emergenze ambientali e sanitarie. Per esempio, si assottigliano sempre più le risorse disponibili per istruzione e cultura (fondamentali per il progresso civile ed economico). Nonostante ciò, va riconosciuto al Governo in carica, di aver aumentato parecchio gli stanziamenti nel settore. Tutto cambia in funzione delle incognite naturali e sanitarie. Il turismo, ad esempio, che riguarda Ischia molto da vicino, non solo si riduce ma diventa più breve, intervallato, meno programmato e di conseguenza meno programmabile anche dagli operatori privati. Vacanze brevi, improvvise, last minute. Anche il turismo è diventato più “liquido”.Allora accogliamo con attenzione critica, l’iniziativa “Ischia is more” di cui ci ha notiziato Francesca Pagano su Il Golfo di domenica scorsa. Iniziativa che vede riuniti 12 imprenditori di vari settori che annunciano di voler lavorare per innalzare la qualità del nostro turismo.
Però non possiamo fare a meno di notare che l’iniziativa intanto riguarda una parte esigua (seppure qualificata) dell’imprenditoria locale e che, ancora una volta, viene messa al centro dell’azione la questione dell’immagine e del brand, anziché di una solida “riprogettazione” dell’isola su canoni economici, finanziari, eco-sostenibili ed equo-solidali alternativi al modello fin qui prevalso. Non si capisce bene come compaia il nome di Federalberghi accanto ad altre singole aziende. Di Federalberghi c’entra solo il rappresentante apicale o la totalità degli aderenti all’Associazione? Quando si dice che la rete di “Ischia is more” sta elaborando un progetto digitale con un account social curato dall’Agenzia Relaction, servendosi di Enzo Rando ed altri fotografi, si sottintende che si è trovato una forma di mediazione con quanto Federalberghi stava già studiando per il nuovo brand dell’isola? O c’è il rischio che si moltiplichino e sovrappongano le iniziative, disperdendole poi in mille rivoli? E che dire della decisione del Comune di Casamicciola di affidare, con la determina 330 del 17/7 del Responsabile Area Tecnica, alla Aenaria Recordings, il servizio inerente la promozione turistica 2020 per la partecipazione alle principali Fiere turistiche e per aggiornare e innovare il brand di Casamiccciola? Per la precisione, investendo 20.000 euro per le Fiere e 6.000 per un “ video emozionale” di 3 minuti e tre mini spot di un minuto per i social. Andare da soli è già di per sé un errore, ma ancor più lo è per un Comune che, nell’immediato dopo-terremoto, aveva giustamente reclamato maggiore solidarietà da altri Comuni isolani che erano rimasti indenni dai danni del sisma.
A proposito di brand, sul quale troppi insistono, anche a sproposito, se proprio ne vogliamo parlare, andiamo a prendere esempio dal Veneto balneare che ha lanciato un semplice ed efficace messaggio sui principali giornali: il grafico di un’unica grande virgola (che sta a simboleggiare l’insenatura della costa interessata) nella quale sono indicate e comprese ben 9 località balneari turistiche, da Bibione a Porto Tolle. Sfondo blù, placido mare notturno, luna piena splendente e lo slogan:”I mari della tranquillità, le spiagge del divertimento”. E proprio in quell’area turistica opera l’ischitano Salvatore Pisani, in qualità di Presidente della sezione Turismo di Confindustria Venezia-Rovigo, fautore della “bleisure” ovvero della coniugazione “business e leisure” (affari e tempo libero). La risposta a questi quesiti e a questi legittimi dubbi è importante e lo capiremo più avanti, dopo che avremo illustrato le conclusioni a cui giunge il filosofo che ci ha insegnato a interpretare la mutevolezza del mondo attuale. Vediamo, dunque, cosa dice – in merito – il maestro della modernità “liquida”, Zygmunt Bauman. Nel suo libro “44 lettere dal mondo liquido” ci sono due paragrafi che fanno al caso nostro: la lettera 27 e la lettera 28, rispettivamente intitolati “ Prevedere l’imprevedibile” e “ calcolare l’incalcolabile”. Bauman riferisce che nei primi anni 60, Edward Lorenz stava lavorando ad un programma che permettesse di prevedere, con grande approssimazione, i cambiamenti del tempo. Senonché scoprì che un’alterazione, uno scostamento anche di un millesimo di una variabile qualsiasi, avrebbe completamente stravolto le previsioni. Mi si dirà che oggi siamo più vicini alla perfezione, con i nuovi modelli matematici e con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ma ciò non toglie che anche il solo battito di ali di una farfalla a Pechino può, a distanza di tempo, provocare uragani nel Golfo del Messico, dall’altra parte del mondo.
Nel corso del tempo, sono state prese “cantonate” nelle previsioni di ogni genere, dalla politica all’economia. Eppure un qualche rimedio ci deve essere, anche nel piccolo di un’isola come Ischia. Alla fine del paragrafo 27, Bauman ci indica una strada. E lo fa citando Antonio Gramsci, secondo il quale, l’unico modo per “prevedere” il futuro è “unire le forze” e congiungere gli sforzi in modo da “piegare” gli eventi alle nostre aspettative. Conclude Bauman: “Non è detto che tale ricetta porti i risultati sperati. Ma questa è l’unica strategia che ci dà la possibilità di vincere delle battaglie. Non rappresenta la soluzione perfetta, ma è l’unica di cui disponiamo”. Sottolineo la circostanza che Bauman parla di “vincere qualche battaglia”, non la guerra. E’ un combattimento da trincea, corpo a corpo, di avanzamento lento e graduale, non di risoluzione finale. Tradotto, vuol dire che la Pianificazione è ancora possibile ma senza l’illusione di copertura a lungo raggio. Pianificazione come avanzamento da trincea, conquista di nuovi avamposti. Programmazione flessibile e continuamente da aggiornare. E sottolineo l’altro importante corno della soluzione Gramsci: l’unione delle forze, unica arma capace di “piegare” il destino indirizzato di un paese. Portato tutto questo ragionamento su scala isolana, vuol dire: è impensabile a Ischia affrontare cataclismi come il terremoto, gli alluvioni, la pandemia, senza le forze dei 6 Comuni isolani uniti. Per quanto riguarda il paragrafo 28 “Calcolare l’incalcolabile” Bauman cita Ulrich Beck, considerato il maggiore esperto di “calcolo delle probabilità”, le cui origini si fanno partire dal 1651, con Pierre Fermat e Blaise Pascal. Beck cerca di conciliare “rischio” e “arroganza” ovvero la doppia consapevolezza: quella della contingenza e casualità del mondo e quella delle proprie capacità. E si ritorna alle stesse conclusioni del paragrafo precedente. Nessuno Stato, da solo, può nulla contro l’incalcolabile. Solo una legislazione globale che faccia traslare il mondo da una “globalizzazione subìta” ad una “globalizzazione voluta” può piegare gli eventi esterni. E’ un’utopia, ma che si può realizzare per step, a cominciare dall’Europa.
A proposito di quest’ultima, siamo proprio agli inizi di una vera integrazione, col lusinghiero successo del Recovery Fund, ma resta ancora viva la spaccatura tra paesi formiche e paesi cicale, tra paesi “frugali” e paesi del Sud. In Italia, poi, c’è una spaccatura netta tra destra , sinistra e chi dice di non essere “né di destra né di sinistra” per situarsi, secondo le opportunità, a destra o a sinistra. Ed infine chi, da destra o da sinistra, in realtà ambisce ad occupare un’area di centro, appartenente una volta alla Democrazia Cristiana (vedasi Berlusconi da destra e Renzi da sinistra). E poi c’è Ischia, che assorbe tutti i mali del mondo e dell’Europa e li amplifica, forse perché storicamente è stata terra di conquista di varie civiltà e di varie potenze europee. A Ischia tutto assume una dimensione più accentuata, come se l’isola fungesse da cassa di risonanza: il consumismo, gli egoismi, la disunione, le invidie. Certo, anche ad Ischia ci sono iniziative positive in ogni campo, individualità di valore, intelligenze che o decidono di emigrare altrove o,se restano, mettono su imprese produttive e qualificate, che restano però “monadi”, isole nell’isola. Ognuno per conto suo. Come per il mondo e per l’Europa, così anche per Ischia è impensabile programmare un futuro dalle basi solide, senza trovare un “ collante” che ci tenga uniti e ci faccia navigare tutti nella stessa direzione.