Come migliorare il proprio rendimento atletico
Non esistono 2 individui uguali, come nemmeno 2 situazioni uguali e anche lo stesso atleta non sviluppa mai un’abilità motoria nello stesso modo
Atleti differenti con lo stesso allenamento non ottengono gli stessi risultati, oppure aumentando quantitativamente il carico di allenamento (numero di stimoli) non ottengono un maggior rendimento (maggior numero di effetti). Ciò che in alcuni atleti genera un successo ad altri non provoca cambiamenti o addirittura può avere effetti negativi. Spesso un piccolo cambio nell’allenamento provoca miglioramenti sorprendenti, mentre la stessa stimolazione ripetuta o un aumento costante del carico, porta spesso a un affaticamento. Come la scarsa relazione che esiste tra il numero di ore di pratica e il rendimento sportivo (Van Rossum, 2000).
Le relazioni non-lineari di causa-effetto sono molto frequenti nell’allenamento. In determinate fasi dell’allenamento è possibile osservare come alcuni atleti sono in grado di sviluppare nuove abilità di movimento e migliorare il proprio rendimento con poca o addirittura senza pratica: incluso rispondendo con modelli differenti non precedentemente stabiliti dalla tecnica ortodossa o programmati dall’allenatore. Altri atleti invece non ottengono miglioramenti nonostante ripetizioni e ripetizioni di modelli stabiliti, ripetuti con estrema fedeltà. Questa contraddizione tra teoria e pratica è giustificata dalla scienza classica attraverso alcune spiegazioni quando si ottengono risultati insperati, nel tentativo di preservare il modello.
Apprendimento del gesto tecnico per mezzo di variazioni
Non esistono 2 individui uguali, come nemmeno 2 situazioni uguali e anche lo stesso atleta non sviluppa mai un’abilità motoria nello stesso modo. L’uso dello strumento “allenamento” permette un processo di autorganizzazione, dove viene costruito un modello volto all’apprendimento del gesto tecnico per mezzo di variazioni. Possiamo considerare l’errore una necessità per il processo di adattamento. Gli errori sono una necessità per sistemi che apprendono (Ashby, 1956). Non si va a ricercare il movimento o il gesto tecnico ideale, ma la condizione che permette al corpo (in una sua visione generale), o alla catena cinetica interessata di potersi adattare. Caratterizzarsi attraverso l’individualità dell’atleta e una grande quantità di esercizi e mezzi ottimizzati in forma incosciente/cosciente. Per iniziare i processi di adattamento, si propongono carichi di allenamento variati al fine di evitare insensibilità agli stimoli stessi, non frenare il processo di crescita dell’atleta per affaticamento prodotto dalla ripetizione, non sarà obbligatorio né mantenersi vicini alla struttura ideale dell’esercizio né allontanarsi dalla tecnica che si considera adeguata o specifica. Bernstein (variabilità degli stimoli, 1935) considerava che per essere un esperto si debba essere in grado di dominare l’abilità motoria in tutte le situazioni possibili, ma dato che le condizioni non sono mai 2 volte le stesse, la pratica deve essere orientata non solo per conseguire automatismi per la specifica abilità motoria, ma piuttosto per sviluppare strategie motorie strategiche e flessibili che si adattino ai cambi delle variabili che intervengono.
Fornire un ampio spettro di situazioni
Shea e Kohl (1990) osservarono i miglioramenti nell’apprendimento dopo l’inserimento di variazioni. Lo stesso succede per l’allenamento, che non deve enfatizzare la ripetizione come mezzo più importante per migliorare il rendimento, ma piuttosto provvedere a fornire all’atleta un ampio spettro di situazioni che gli permettano di generare cambi nel sistema di analisi, modifiche nella dinamica del sistema. Attraverso l’allenamento dobbiamo fornire una serie di esperienze che permettano all’atleta di scoprire la risposta finale di ogni situazione attraverso un’analisi più rapida possibile. Gli obiettivi che si raggiungono sono di forma spontanea: il soggetto trova la risposta adattativa più idonea e genera nuove abilità motorie adeguate alle esigenze. La necessità di fluttuare o di produrre errori per apprendere è un obiettivo dell’allenamento. Le fluttuazioni sono deviazioni di un punto di riferimento e per questo rappresentano per il sistema differenze che permettono di reagire e adattarsi costantemente ai cambi.
Aumentare la variabilità degli stimoli
Quanto più un sistema è specializzato, tanto meno è in grado di adattarsi ai cambiamenti. Nell’avviamento sportivo si deve aumentare la variabilità degli stimoli per ottimizzare i sistemi e renderli il più flessibile possibile e adattabili. Per apprendere una determinata tecnica o movimento concreto può esserci utile mantenere una certa specificità pratica realizzando ripetizioni dell’abilità motoria fino a creare un riferimento stabile. Una volta creato questo riferimento dovremo variare le situazioni intorno a quella di riferimento per far si che il soggetto sia capace di adattarsi alle infinite condizioni che possono verificarsi.In ambito sportivo questi salti potranno tradursi nel raggiungimento della tecnica più adatta al soggetto o in un repentino aumento del rendimento apparentemente inspiegabile. L’allenatore dovrà considerare gli errori come fluttuazioni necessarie perché si produca un qualsiasi apprendimento: per questo in determinate situazioni s’indurranno gli errori con strategie di perturbazione e variabilità. La variabilità servirà per migliorare una tecnica già esistente, o per modificare strutture inadeguate da un punto di vista globale o svilupparne altre più adeguate; l’allenamento si deve orientare verso un’ottimizzazione delle strutture cognitive. L’apprendimento produrrà una modificazione nella distribuzione globale dei riferimenti del sistema. Per facilitare l’apprendimento di una nuova tecnica si può favorire il ciclo percezione/azione modificando l’intorno nella direzione che desideriamo facendo in modo di arrivare al movimento finale. La modifica dell’intorno può inoltre servire per destabilizzare la distribuzione dei riferimenti esistenti, così come si conviene nel metodo Feldenkrais. La principale conseguenza pratica sull’allenamento sarà l’uso di programmi di apprendimento che permettano di assimilare la caratteristica di poter interagire con vari sistemi complessi e adattarsi alle situazioni sempre diverse.
Considerare le caratteristiche individuali degli atleti
Altri vantaggi offerti da questa metodologia possono essere individuati in un minor rischio per le lesioni da sovraccarico funzionale (le ripetizioni) o gli stati di sovrallenamento ai quali si arriva con l’applicazione di principi fondamentali dell’allenamento moderno, basato sulla ripetizione. La formula più popolare di allenare utilizzando centinaia di ripetizioni, porta nella maggior parte dei casi un sovraccarico muscolare e articolare non necessario, oltre che un affaticamento e un deterioramento psicologico (Balagué y Torrents, 2000). I programmi di allenamento dovranno considerare ovviamente le caratteristiche individuali di ogni atleta, in forma generale e in forma individuale nel momento in cui il soggetto viene sottoposto al carico programmato. Devono essere tenuti in considerazione lo stato iniziale dell’atleta e la distribuzione dei suoi riferimenti. Per apprendere un nuovo movimento o una tecnica sportiva, dovremmo considerare i movimenti spontanei che nascono dal soggetto, che influenzeranno il processo e condizioneranno il progresso e la stabilità di questi movimenti. In quanto all’individualizzazione dell’allenamento, è necessario non ricercare il movimento ideale secondo modelli esterni di altri individui. Esisterà una tecnica ideale per ogni situazione e per ogni individuo, ed è su questo che l’atleta dovrà allenarsi, adattare le sue caratteristiche alle diverse esigenze, e non cercare di appropriarsi del modo di agire di un altro soggetto. L’allenamento differenziale presenta una costante variazione delle posizioni e degli esercizi, ed è questo che permette un rapido adattamento funzionale all’atleta. Non sempre sarà positivo il cambio di stimoli “costante”, non dovrà essere commesso l’errore di eseguire “ripetizioni” cicliche e perdere così l’individualizzazione dell’allenamento.