Colpo di mano nell’Assoforense: esautorato Cellammare, si andrà a nuove elezioni
Al termine di una accesa e a tratti caotica assemblea, è stata fissata a ottobre la consultazione per designare il nuovo Direttivo: il mancato esame delle proposte di modifica dello statuto sbarra la strada a una candidatura del presidente uscente
Forse non si era mai vista un’assemblea degli avvocati isolani così carica di significati, sentimenti, punto d’arrivo finale di fatti e misfatti, come quella andata in scena ieri nell’aula delle udienze penali della sede ischitana del Tribunale. L’originario ordine del giorno è stato afferrato, voltato e rivoltato, fino a non essere votato, convitato di pietra in un’aula gremita come non mai (e non è una logora espressione di circostanza), con una partecipazione-record e un trasporto passionale dei partecipanti da far pensare agli spalti dello stadio Azteca durante l’immortale partita di calcio Italia-Germania 4-3 a Messico ’70, oppure ai locali della borsa di Wall Street durante il crollo dell’ottobre ‘87 (di quello del ’29 non abbiamo memoria diretta). In un’atmosfera surriscaldata, vanamente attutita dai due condizionatori in sala, si è consumata la fine dell’era-Cellammare alla guida dell’Associazione forense dell’isola d’Ischia. Cellammare ha certamente commesso alcuni errori che hanno contribuito all’esito di ieri, ma nonostante la perdita di storici e importanti appoggi, è stata necessaria una drammatica e caotica votazione, nemmeno tanto chiara nella differente natura delle proposte scaturite dall’accesa discussione, per esautorarlo dalla carica di presidente, che comunque salvo imprevisti dovrebbe ricoprire fino a ottobre, quando si svolgeranno le nuove elezioni associative. Il tutto senza di fatto entrare mai nel merito delle proposte all’ordine del giorno.
La cronaca delle due ore che hanno spostato gli equilibri dell’avvocatura locale inizia alle 12.00 di ieri mattina, orario in cui era fissata la seconda convocazione dell’assemblea. Come da prassi, la convocazione delle 11 era servita solo ai più solerti per accomodarsi sulle poche sedie nella sonnacchiosa aula del contenzioso penale, come facevano gli antichi Romani nelle prime ore del mattino sugli spalti del Circo Massimo in attesa delle corse dei carri. Alle dodici l’assemblea è iniziata puntuale, con l’avvocato Gino Di Meglio a dirigere i lavori, affiancato alla scrivania dai colleghi Pasquale Pacifico e appunto da Cellammare. Alla sinistra di quest’ultimo, a pochi passi in linea d’aria, si era accomodato l’avvocato Giuseppe Di Meglio: e subito in sala c’è chi ha ironizzato su tale disposizione, che ad alcuni ha fatto tornare in mente la presunta “triangolazione di fuoco incrociato”, dalla quale un altro presidente, a Dallas nel ‘63, non uscì indenne, ovviamente in un contesto ben più cruento.
Che in palio ci fosse qualcosa di molto diverso e ben più “pesante” rispetto alla media delle precedenti assemblee associative, lo si è visto sin dalle operazioni di appello, che sono durate mezz’ora. Gli iscritti all’associazione negli ultimi giorni erano infatti aumentati esponenzialmente, e poi c’era il gioco delle deleghe da controllare.
Alle 12.30 il presidente Cellammare ha preso la parola per ribadire la sua versione circa il primo punto all’ordine del giorno, quello delle modifiche allo Statuto dell’associazione: «Sono dispiaciuto per le polemiche velenose degli ultimi tempi. Ma tutti devono sapere che io non ho alcuna velleità a ricandidarmi: le modifiche contenute nella proposta non sono affatto dirette a consentire la mia ricandidatura». Ma le parole del presidente non hanno certo convinto chi vedeva in tali proposte il tappeto rosso per un Cellammare-bis alle prossime elezioni.
PASSARO: «PRIMA ELEZIONI, POI LO STATUTO»
Dopo le parole del presidente è iniziata una lunga serie di interventi da parte dei colleghi, a partire dall’avvocato Carmine Passaro, il quale ha subito invocato una nuova consultazione elettorale: «La pregiudiziale di tutto è procedere all’indizione delle elezioni. Bisogna invertire l’ordine del giorno. È umiliante che le proposte di modifica ci vengano sottoposte all’ultimo momento, le regole non si possono cambiare in corsa. Dobbiamo prima eleggere un nuovo direttivo e un nuovo presidente, e poi una commissione che modifichi in maniera realmente condivisa lo Statuto».
I “SILURI” DI GIANPAOLO BUONO
È stato poi l’avvocato Gianpaolo Buono, ex presidente dell’associazione, e storico mentore di Cellammare, a prendere la parola, sanzionando di fatto quello che da mesi era noto più o meno a tutti, cioè la frattura “politica” col suo successore: «Sono legato da un rapporto di grandissima amicizia con Francesco Cellammare – ha spiegato Buono – ma sono deluso dalla “prova muscolare” da lui messa in atto. In precedenza ho sempre appoggiato le sue decisioni, ma stavolta avevo suggerito di lasciar perdere le l’inserimento delle modifiche statutarie. E ora mi sento doppiamente responsabile. L’avvocatura isolana deve rivolgere l’attenzione a ben altri problemi, visti i guai che pendono sulla sede locale del Tribunale, e che vanno affrontati presentandoci uniti, senza strumentalizzazioni e senza personalizzazioni». Poi l’avvocato Buono ha espresso dubbi sulla raccolta delle firme compiuta da Cellammare a supporto delle proposte di modifica: «Avevo suggerito a Francesco una prova di trasparenza», ha detto l’ex presidente, un duro colpo che è stato seguito subito dopo da ulteriori dubbi avanzati sulla stessa compilazione dell’o.d.g. definendo “strana” la successione dei punti all’ordine del giorno, adombrando quindi una strumentalizzazione di tale ordine da parte di Cellammare. Dopo questi due “siluri” contro lo scafo della “nave presidenziale”, l’avvocato Gianpaolo Buono ha poi parzialmente addolcito i toni: «Francesco non dovrà sentirsi sminuito se l’obiettivo della stabilizzazione del Tribunale verrà raggiunto senza che lui sia più Presidente. Quindi propongo di votare prima l’indizione delle elezioni». E poi una precisazione significativa: «È il mio personale pensiero: non è vero, come si sente in giro, che ci siano stati accordi occulti tra i cosiddetti grandi studi legali isolani per estromettere Cellammare».
PERO: «AVVOCATURA PAVIDA E POLITICIZZATA»
Durissimo l’intervento dell’avvocato Francesco Pero, il quale ha esordito rivendicando l’idea della modifica dello Statuto: «Un’idea che parte da lontano – ha dichiarato Pero – e che intendeva mutuare le regole del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli». Ma questo è niente, perché subito dopo l’avvocato ha colpito duro: «Molti avvocati isolani sono pavidi, perché troppo vicini alla politica, una vicinanza dalla quale traggono enormi vantaggi». Dopo questa bordata, vanamente contrastato dall’avvocato Gino Di Meglio che lo invitava a rientrare sui punti oggetto dell’assemblea, l’avvocato Pero ha calcato la mano su un altro punto “caldo”: «Ischia è considerato il rifugio dei peccatori, i giudici più “chiacchierati” vengono inviati qui. Nessuno dei precedenti presidenti ha mai battuto i pugni su questa tendenza. L’avvocatura – ha spiegato Pero – dovrebbe essere realmente rappresentativa, e costituire il vero collegamento tra cittadini e istituzioni, ma i vecchi studi legali “mangiano” con la politica. Dovete avere il coraggio di essere al servizio dei cittadini, basta con le connivenze. Propongo di rinviare l’assemblea e di approfondire le proposte di modifica allo statuto», ha concluso l’avvocato Pero.
DI MAIO: «IMPOSSIBILE VOTARE SU MODIFICHE»
Il collega Giuseppe Di Maio ha plaudito alla grandissima affluenza, in un intervento a due facce, con la riconoscenza per tutto quanto fatto da Cellammare alla guida dell’associazione, ma frenando sul fronte statutario: «La grande partecipazione di oggi ci fa comprendere il fondamentale apporto di Cellammare, anche nel colmare i vuoti e le mancanze degli altri. In sostanza abbiamo dato a Francesco una delega in bianco. Tuttavia il direttivo aveva dato le dimissioni perché in contrasto con Cellammare, quindi non possiamo votare su una proposta di un direttivo di fatto già dimissionario. Condivido dunque la proposta dei colleghi Passaro e Buono».
NUNZIA PIRO: «NIENTE PROCESSI A CELLAMMARE»
È stata poi la volta dell’avvocato Nunzia Piro, la prima a voler discutere normalmente i punti all’ordine del giorno:«Non siamo qui per fare il processo a Francesco Cellammare. Propongo invece di discutere le possibili modifiche allo statuto, alcune delle quali non mi sono chiare. Successivamente sono d’accordo a indire le elezioni per individuare nuovi rappresentanti che si facciano carico dei problemi e degli obiettivi dell’avvocatura isolana, quindi propongo di votare sull’ordine del giorno così come ci è stato presentato».
Sulla questione relativa alle modifiche statutarie, uno dei componenti del direttivo, l’avvocato Alberto Morelli, ha puntualizzato: «Le modifiche proposte non erano condivise dal direttivo, e qui non si tratta nemmeno di discutere delle firme a supporto. Le modifiche dovevano essere condivise. Propongo di votare direttamente sul terzo punto (l’indizione delle elezioni, ndr)». Ma Cellammare ha ribattuto, anche in riferimento all’intervento di Di Maio: «Le dimissioni del direttivo non sono mai state formalizzate».
DE GIROLAMO: «IN GIOCO LA DIGNITA’ DELLA CATEGORIA»
Con la consueta ironia che lo contraddistingue, a inizio lavori l’avvocato Antonio De Girolamo aveva mostrato all’aula con una cartellina che recava la scritta: “Cellammare vs Gianpaolo Buono”, stemperando un po’ la tensione dell’assemblea: «Con quella scritta – ha dichiarato il penalista – mi riferivo al fatto che tutti erano consapevoli del “redde rationem” in corso stamane. Le proposte all’ordine del giorno erano sulla chat degli avvocati da una ventina di giorni, quindi dobbiamo riconoscere che c’era tutto il tempo per poterle studiare da parte nostra. Tuttavia non posso accettare, e non dovrebbe piacere a nessuno di voi, quello che ha lasciato intendere il presidente emerito Gianpaolo Buono, cioè che alcuni avvocati abbiano firmato a supporto delle proposte di modifica senza realmente sapere cosa hanno sottoscritto, così come non mi piace che l’avvocato Pero dica che gli avvocati isolani siano collusi con la politica. Non mi sta bene, perché ne va della dignità della nostra categoria. Bisogna chiarire se davvero quelle firme erano false, perché se così fosse, ciascuno deve prendersi le responsabilità di quello che dice».
CHIUDERE IL TRIBUNALE?
L’avvocato Stefano Pettorino ha lanciato una mozione d’ordine: sospendere il primo punto, e votare il terzo, quello sull’indizione delle elezioni. «Anni fa – ha dichiarato Pettorino – gli avvocati erano uniti, oggi no. Vista la nostra incapacità di lottare uniti, propongo di prenderci le nostre responsabilità e di avallare la chiusura del tribunale locale»: uno scenario duro, naturalmente osteggiato da Cellammare, ma anche da Giuseppe Di Meglio, che ha dichiarato: «Suggerisco di non votare sulle modifiche dello statuto, cosa che spaccherebbe l’avvocatura isolana mettendo inutilmente l’avvocato Cellammare sul banco degli accusati. L’avvocato Piro vuole votare, ma lei notoriamente non è persona di mediazione, propongo quindi di votare per l’indizione delle elezioni. Se il tribunale dovesse chiudere e il contenzioso penale dovesse essere trasferito a Napoli, sarebbe una iattura per tutti. Basta coi personalismi», ma anche Di Meglio ha comunque invitato a votare la mozione di Pettorino.
REGINE: «STOP AL VOTO, COMMISSIONE PER LO STATUTO»
L’avvocato Giovanni Regine ha lanciato una proposta differente: «Votare direttamente sul terzo punto dell’ordine del giorno, vuol dire di fatto che ci stiamo “facendo i fatti nostri”, impedendo a Cellammare di ricandidarsi. Propongo invece di sospendere la votazione dell’intero ordine del giorno, e di votare la costituzione di una Commissione per la modifica dello Statuto, stabilendo dei termini di scadenza». Alberto Barbieri, uno dei maggiori oppositori di Cellammare, è stato sintetico: «L’associazione è acefala, invertiamo l’ordine del giorno». Mentre l’aula rumoreggiava sempre di più, Cellammare ha ribadito: «Non si tratta di un referendum sulla mia persona. Potete modificare l’ordine del giorno, ma io non posso ignorare le firme a supporto delle modifiche statutarie, e il direttivo non ha mai formalizzato le dimissioni. Avevamo deciso di traghettare l’associazione verso le nuove elezioni, congelando così le dimissioni», ha spiegato il presidente, rivelando la sensazione di quell’ “accerchiamento” che progressivamente si è stretto attorno a lui.
LE PROPOSTE
I momenti successivi dell’assemblea sono stati caratterizzati da una gigantesca confusione: c’è stata infatti notevole “maretta” per mettere a fuoco le proposte da votare, ma soprattutto sulle modalità di tale votazione, cosa che ha creato un ferocissimo scambio di urla tra gli avvocati Gino Di Meglio, Gaetano Regine e Vincenzo Arcamone. Alla fine erano tre le proposte da sottoporre all’assemblea: la prima era la proposta-Buono, che invitava a sospendere il voto sullo statuto e votare sull’indizione delle elezioni. La seconda, la proposta-Regine, prevedeva la sospensione totale dell’ordine del giorno e la nomina di una commissione per modificare lo statuto. Infine, la proposta-Piro, consistente nel votare normalmente l’ordine del giorno così come stabilito inizialmente.
PASSA LA PROPOSTA-BUONO
La confusione ha regnato fino a quando gli associati sono stati chiamati uno alla volta ad esprimere la preferenza tra le tre opzioni. Dalla votazione è scaturito uno scenario completamente diverso da quello di un mese fa, quando le circa cinquanta firme raccolte per le proposte di modifica dello statuto rappresentavano numericamente la maggioranza degli iscritti (in quel momento) all’associazione. Il verdetto è stato infatti nettamente a favore della proposta-Buono con 62 voti, contro i 27 della proposta-Regine e i 25 di quella avanzata dall’avvocato Nunzia Piro; tre gli astenuti. Dunque l’assemblea ha respinto l’ipotesi di modifiche allo Statuto optando per l’indizione di nuove elezioni, che di fatto sbarrano la strada a Cellammare per una ipotetica candidatura. È stata anche stabilita la data: 18 ottobre. Al direttivo “congelato” spetterà il compito di stabilire le modalità e i tempi per la presentazione delle candidature. A dispetto della “nuova” maggioranza scaturita dall’assemblea, c’è chi ha adombrato l’ipotesi che essa non sarebbe comunque bastata per evitare cambiamenti allo statuto, e che quindi chi premeva per andare subito alle elezioni abbia cercato di evitare a tutti i costi la votazione sul merito dei punti all’ordine del giorno. A proposito, in quest’ultimo era contemplato anche un altro punto: la costituzione dell’Unione avvocati isole minori, ma naturalmente non se n’è accorto quasi nessuno. Alle ore 14 passate, nell’assolato pomeriggio ischitano, col Tribunale unico edificio ancora “abitato” sulla via Michele Mazzella ormai deserta, si è così consumata la fine della presidenza Cellammare. Il professionista, a cui anche i più acerrimi oppositori hanno sempre riconosciuto l’indubbio e costante impegno a vari livelli nel cercare di difendere e migliorare la giustizia isolana, paga forse certi atteggiamenti mai del tutto digeriti, anche all’interno del direttivo stesso. Una certa propensione al decisionismo, ad agire autonomamente e non collegialmente, gli è costata l’accusa di essere affezionato alla “poltrona” del suo ruolo, accusa da lui peraltro sempre respinta. E comunque per togliergli quella poltrona ci sono volute non solo le “truppe”, ma anche una contemporanea attività di “intelligence”, a voler usare una metafora militare, che, lo sappiamo, non si addice alle dichiarazioni delle varie parti in causa, tutte tese ad auspicare un’avvocatura isolana unita, ma che almeno ieri non si è dimostrata tale.