Ciro Esposito, una vita dietro ai tasti del piano bar
Di Isabella Puca |
ISCHIA – «Sono stato avviato allo studio del pianoforte a 8 anni. Non ero molto entusiasta della cosa ma a quei tempi c’era poco da discutere quando i tuoi genitori decidevano qualcosa. Per fortuna la mia maestra era una persona dolce e sensibile. Si rese subito conto che ero uno spirito libero che amava fare le cose che gli piacevano, quindi assecondava di volta in volta la scelta dei brani, che dovevo imparare. Gli studi del piano s’interruppero a 13 anni quando cominciai il liceo e ebbi la mia prima esperienza in una band musicale. Erano gli anni 60». Comincia così il racconto di una vita dedicata alla musica di Ciro Esposito, napoletano ma appassionato all’isola dove regala emozioni in musica ai clienti dell’Hotel Mezzatorre dal ormai lontano 2008. «Erano gli anni del Beat, dei capelloni della contestazione. Suonare in una band – ha continuato a raccontare – scimmiottando i gruppi stranieri ma anche quelli nostrani ti faceva sentire un privilegiato. É stato un periodo molto importante per la mia formazione musicale e si è protratto fino a quando cominciai l’università. Nel 1976 ebbi la mia prima proposta di lavorare all’estero. Era un contatto di otto mesi pagato molto bene e spesato di tutto in un dei primi villaggi Mediterranee in Tunisia. Fu un’esperienza bellissima che mi tolse gli ultimi dubbi su quello che sarebbe stato il mio futuro lavorativo». Era l’epoca in cui diverse agenzie musicali erano alla ricerca disperata di pianisti, capaci di suonare e cantare nei piano bar di grandi strutture alberghiere in tutto il mondo spaziando da un repertorio jazz agli evergreen internazionali. «Io, non ero certamente in grado di competere con dei professionisti a volte 20 anni più grandi di me e con un repertorio immenso. Tuttavia, con l’entusiasmo e l’incoscienza giovanile, accettai un contratto di 3 mesi in un importante hotel in Medio Oriente. Subito dopo un contratto di un anno in Africa per la catena degli Intercontinental». Da allora in avanti per Ciro è stato tutto un susseguirsi di permanenze sia in Italia che all’estero tra il Medioriente, l’Africa, l’ America, l’Austria, la Germania, la Svizzera, in locali ed hotel prestigiosi. «Fra i tanti posti in cui ho lavorato – ha continuato Ciro – Ischia, ricopre un ruolo speciale. La mia prima volta è stata nel 1970 quando venni in vacanza ospite di amici. Conoscendo la mia passione per la musica mi portarono al Capricho a Casamicciola.Ospite fisso era Umberto Bindi ma quella sera si esibì anche Romano Mussolini con Tony Scott al clarinetto. La sera dopo mi portarono al Castello Aragonese, c’era Fred Buongusto. Per finire mi portarono allo Scotch club e li c’era Peppino Gagliardi tutte le sere». Era l’epoca d’oro in cui Ischia pullulava di nomi importanti che intrattenevano gli ospiti in taverne e localini, dove si faceva musica dal vivo. «L’atmosfera era veramente magica, un vero paradiso davanti ai miei occhi di adolescente appassionato di musica. Fu allora che giurai a me stesso, che avrei fatto di tutto per tornare da musicista in quest’isola incantata».
La prima occasione arrivò durante un veglione di fine anno, nel 1972 con una famosa band Napoletana. Poi vi ritornò da solo, come pianista nel 1981 per fare la sua prima stagione estiva. Dopo essersi trasferito con la sua famiglia sul Lago di Garda nel 2008 incontrò casualmente un suo collega e ancora la possibilità di ritornare sull’isola, «è da allora che vengo per fare la stagione in uno degli Hotel più importanti dell’Isola, il Mezzatorre. La scelta di lavorare più spesso negli Hotel che in locali notturni aperti a tutti è stata una motivata da diversi fattori. Primo la continuità e la sicurezza economica che ti offre un’ azienda alberghiera di un certo livello, non è paragonabile a quella di un locale. Un aspetto di non poco conto. La seconda è che quando suoni in un albergo spesso hai di fronte una platea internazionale che ha una buona cultura musicale. Ovviamente c’è però un rovescio della medaglia. Questa scelta mi ha dato meno visibilità e meno opportunità di essere riconosciuto da un vasto pubblico. Nella vita succede sempre così. Se guadagni qualcosa, spesso devi rinunciare a qualcos’altro». Nei suoi pensieri c’è sempre quello del piano bar inteso come uno spettacolo per un pubblico di nicchia. Un qualcosa di speciale da offrire a quelle persone che accompagnano le emozioni ed i momenti belli della propria vita a una canzone. «Facendo questo lavoro da molti anni – ha concluso Ciro – ho vissuto un po’ tutta la parabola ascendente e discendente di questo lavoro. L’avvento dei supporti elettronici da una parte ha arricchito il sound del pianista, ma dall’altra parte ha snaturato e un po’ banalizzato questa professione, rendendola accessibile anche a chi non avrebbe il merito per farla».