Che cosa sta facendo chi fa politica?
di Graziano Petrucci
Ci ho pensato un po’ prima di scrivere su quest’argomento. Non che ci fosse da pensarci poi tanto, in fondo. A qualcuno potrebbe non dire niente, come magari la maggior parte delle cose che scrivo, o potrebbe addirittura perdersi nella lettura. A qualche altro, invece, potrebbero drizzarsi le orecchie della riflessione. Mettendo da parte le questioni che riguardano il comune capoluogo, voglio però focalizzare l’attenzione su una cosa. Non so se ci avete fatto caso ma le notizie che ci vogliono distratti di qui a qualche mese nelle prossime elezioni, adesso, spesso e volentieri, occupano le prime pagine dei quotidiani. Ogni volta leggiamo un pezzo di storia di questa che somiglia più a una telenovela argentina che poi è la politica di casa nostra. Ogni volta si enfatizzano le dinamiche, i rapporti, talvolta incestuosi e senza pudore talaltra pseudo strategici forse allo scopo, poco o mal riuscito, di dissimulare ed evadere per non far capire al proprio avversario su quale strada si ha intenzione di procedere. In ogni tornata elettorale, che riguardi un singolo paesello isolano sia l’intero territorio, si vedono gli stessi andamenti che ognuno degli attori protagonisti, travolto dal vortice e dalla fame di consenso elettorale, mette in scena senza un abile regista. O peggio con un regista che pensa, di essere abile, approfittando della risonanza mediatica che provoca l’inclusione di questo o quel personaggio. La maggior parte di una tale carovana composta da artisti di strada si getta impavida in coraggiose dichiarazioni, subito sostituite il giorno successivo da altre simili provenienti da quella fetta entusiasta che fino a quel momento non aveva avuto voce o visibilità. Dichiarazioni su dichiarazioni, interviste a un passato recente o a un presente senza certezze, si alternano e nascondono, tutte, quel pizzico di demagogia su cui ognuno costruisce la propria interpretazione circa il possibile ed entusiasmante futuro che ci aspetta (“futuro” e “aspetta”, certo: si fa per dire!). Non so se avete fatto caso poi che, tranne che in rare occasioni, manca da parte di tutti i partecipanti, e in special modo dal vocabolario dei protagonisti, qualsiasi riferimento al sostantivo “programma” in forma specifica. Ossia le priorità e come s’intende risolverle, se si tratta di problemi urgenti. Un programma è un software che può – che deve, in certi casi – essere eseguito da un elaboratore. Questo, normalmente si tratta di un computer, dopo che ha ricevuto in “input”, i dati particolari di un problema, ne restituisce in output le eventuali soluzioni. Avete fatto caso che la politica di casa di nostra è più di tipo tribale, in cui si eleva lo scontro tra due o più fazioni a momento decisivo e somiglia – qualche volta si sovrappone- alla tifoseria da stadio, in cui s’imperniano solo le spartizioni della macchina amministrativa per gestire il potere, mentre al contrario non è focalizzata – seriamente – sui problemi che affliggono la società nel suo insieme? E qui si può aprire una prospettiva diversa. Ferma restando la diversificazione in stagioni di lavoro – già abbiamo la mente proiettata a Pasqua che sancirà la nuova apertura di alberghi e imprese: a parte qualcuna che ha deciso di rimanere aperta d’inverno le altre usciranno dal letargo -; e lasciando invariata l’incapacità diffusa di risolvere una difficoltà (e quindi l’elaboratore, la politica, non esegue nulla o non trasmettere quegli output che servono alla collettività), alla fine le elezioni nel comune di Ischia non serviranno a niente. Anzi no, avranno il solo scopo di mettere al centro della questione quali culi dovranno sedere in consiglio comunale, sulle poltrone da Presidente del Consiglio o su quella di assessore o di Sindaco, oppure di questa o quell’azienda che risponde alla carovana di cui sopra la quale, in potenza, nasconde la nuova amministrazione. Data questa lunga premessa, vi chiedo di valutare le ultime notizie. Per esempio quella del provetto pistolero brasiliano che sull’autobus ha spaventato i passeggeri – d’accordo, era una scacciacani ma anche quel tipo di pistola fa sempre il suo effetto – oppure quelle sullo spaccio di droga – sembra sia aumentato – o le altre che lasciano intendere che siamo una società in trasformazione verso una deriva in negativa (però siamo convinti di essere ancora lontani da dinamiche di imbarbarimento collettivo). Nella quale si compenetrano e diversificano temi come povertà, demografia e tenuta del tessuto sociale che forniscono “input”, su cui peraltro dovremmo cominciare a riflettere, ma l’unica certezza è che l’elaboratore non è più adeguato ai tempi. La politica, appunto e chi la fa, è fermo in un mondo e modo di guardarlo che non funziona nella maniera adeguata. Perciò dovremmo cominciare a pensare seriamente non tanto a chi pregare di poggiare le chiappe in Comune ma a come provvedere alla ricerca e alla stabilizzazione di una nuova società che sarà costretta, gioco forza, a fare i conti con questioni di fronte alle quali pensavamo di essere immuni ma che, al contrario, ci avvisano, oggi, di un futuro prossimo nevrotico e a tratti minaccioso.
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