Che cosa c’è da commemorare sul centenario della marcia su Roma?
Centenario della Marcia su Roma”/ Non c’è da andarne fieri, perché fu un colpo di stato in piena regola. Non sono affatto scomparsi gli spettri del passato grazie agli insegnamenti e agli esempi dei “Cattivi Maestri fascisti (Almirante, Romualdi, Rauti, Abbatangelo) di ieri e di oggi, Far conoscere ai giovani il Ventennio come espressione di una dittatura da respingere sempre e comunque.
Non è bastato il ricordo della soppressione dei partiti politici e l’instaurazione della dittatura fascista nel 1925; non è bastato il ricordo della Dichiarazione di guerra di Mussolini al fianco della Germania nazista; non è bastato il ricordo della introduzione delle Leggi Razziali (firmate da re Vittorio Emanuele III) che spedirono milioni di Ebrei nei Campi di sterminio; non è bastata nemmeno la fondazione della Repubblica Sociale di Salò su imposizione di Hitler; no, tutto questo non è bastato per “tirare le somme”, definitivamente, con la storia del fascismo e del suo fondatore, e chiudere per sempre il Libro Nero di un regime, che aveva soppiantato la libertà degli Italiani e imposto con la forza brutale un utopistico e folle ritorno all’Impero Romano!
Patacche e fregi dell’antica Roma, sigle e gestualità consolari, immagini un po’ grottesche delle Centurie dell’Urbe –teatrale messinscena dell’apparato militare e politico della Capitale dell’Impero- furono i segni distintivi del Partito Fascista, capeggiato, diretto e istruito da un ex socialista romagnolo, guerrafondaio a tutto spiano (Primo e Secondo conflitto mondiale, cruente Campagne di conquista africane e guerra civile italiana) e inventore di un connubio –unico nel suo genere nel mondo- (Fascismo-Monarchia) dove un re, che si era rifiutato di firmare lo stato di assedio davanti alle squadracce di Mussolini, “governava” in tandem con la dittatura, senza contare, però, un fico secco!
La “marcia su Roma”, che evoca per i cosiddetti nostalgici, l’inizio di una dittatura (purtroppo) condivisa all’epoca da buona parte del popolo italiano, presenta tutti i connotati di un esercizio retorico da mettere in campo per dare valenza politica e storica ad un avvenimento che, per l’estrema Destra e non solo, ha valore emblematico (“La prima ora” per quelli che vi parteciparono) e importanza fondamentale e simbolica per gli “eredi” neo-fascisti di oggi.
Voler ricordare il centenario del colpo di stato organizzato da Benito Mussolini e non andato a segno soltanto per la debolezza di un sovrano che non ripose fiducia nel “suo” esercito, è operazione che puzza troppo di…”celebrazione” latente (lasciata passare per fatto storico), specie se a soffiare sul fuoco ci si mettono i manifestanti in piazza, con striscioni e cartelli allusivi, i soliti opinionisti salottieri “sacciotuttoio” delle TV e perfino qualche politico sfrontato con in casa il…busto del Duce acquistato nei negozi di Predappio!
Non va dimenticato che dopo appena due anni dall’esperienza fascista, il regime tolse dalla circolazione la voce più autorevole dell’Opposizione socialista: il deputato Giacomo Matteotti e che per questo atroce assassinio i “marciatori su Roma” non ebbero il coraggio di smarcarsi, ma –pavidi e vigliacchi- indicarono, seppure velatamente, in Mussolini il mandante del delitto.
Quale Ricordo è possibile dibattere, quale centenario è possibile “rinverdire”, laddove non si profila, nemmeno alla lontana, la necessità di ripetere ciò che è stato già scritto in cento anni di anedottica e di testimonianze anche autorevoli su quella Marcia abominevole che poteva scatenare un conflitto di guerra civile, con morti d’ambo le parti?
Vi è in giro, purtroppo, una impreparazione di fondo, una mancanza di sensibilità, l’assenza di una coscienza basata sull’etica e la morale di un Popolo, che non ha mai voluto fare i conti, fino in fondo, con il fascismo, inteso come un maleficio di un’epoca buia della storia italiana. Questo marchio infamante di un tenebroso Made in Italy è ampiamente meritato perché l’esperienza maturata ha insegnato a tutti noi che le tristi eredità familiari sono una costante nella maggior parte dei casi in cui si è manifestata –anche a distanza di anni- una simpatia, un convincimento e perfino una militanza di chiara valenza fascista.
Non starò qui a indicare esempi, con nomi e cognomi appartenenti alla nostra Isola, ma molti conoscono queste “eredità” che tuttora prendono corpo ad ogni tornata elettorale!
Non si va molto lontano per ricordare che a Casamicciola …”incombe” ancora il busto marmoreo di Vittorio Emanuele III sul piedistallo dei Caduti per la Patria; che al Viale Paradisiello e al Pontile Aragonese “sopravvivono” ancora due Fasci Littori su altrettante lapidi di marmo e che diverse strade sono accora intitolate Vittorio Emanuele, alla regina Elena, alla Principessa Margherita, al duca degli Abruzzi ecc. ecc. Al Palazzo DUX (Scuola elementare A.Manzoni di Casamicciola) un pennello “democratico” copri l’intitolazione a Mussolini, non per lo “sfizio” di cancellare la storia, ma per quel senso di Giustizia che impone il riconoscimento dell’onore per chi lo merita e la condanna per chi ha fatto tanto male all’Italia e all’Umanità.
Ecco perché siamo contrari a “rinnovellare” in senso celebrativo La marcia su Roma: occasione per riaccendere “eroici furori e vecchi rancori” in un Popolo eternamente immemore .