C’è supposta per te
di Graziano Petrucci
Dite quello che vi pare ma siamo in gabbia. E, seppur nella completa illusione di non esserlo, viviamo in una recinzione, perfetta, di omertà, mistificazione, illegalità, corruzione, colpi di scena in negativo e rappresentazioni teatrali. Questa è Ischia. «Il segreto», la soap spagnola, ci fa un pippa. Chiedo scusa, due volte. La prima. Non intendo Ischia comune, lo dico perché corro il rischio di offendere qualcuno. Voglio dire “Ischia” in cui attraverso alcune amministrazioni coinvolte si rischia di definire un sistema di relazioni e pratiche diffuse che si muovono nel sottobosco di quasi tutti gli enti: talvolta al confine della legalità, talaltra proprio –o spesso- illecite o illegali. In secondo luogo, perché posso essere accusato di vestire i panni –usati- di quegli opinionisti autoreferenziali cui piace crogiolarsi con contenuti dannosi che non servono alla nostra ripresa. Bene. Per ristabilire l’equilibrio nella forza dico allo stesso modo che a Ischia, sull’isola, ci sono tante cose belle. È vero. Solo che, perdonatemi, le ho dimenticate sotto la montagna di merda –da dimostrare, eh- di queste ultime settimane. Vi assicuro, non appena mi verranno in mente, le elencherò subito. Insomma, con grande sorpresa abbiamo scoperto che la spectre non solo esiste ma proprio qui ha il suo quartier generale. La nostra, com’è ovvio, scimmiotta quella di respiro internazionale. Ci sono i «soldi» e, per completare la legge delle tre “S”, predicata nelle scuole di giornalismo, e occupare il posto che ci spetta sui giornali per venderne di più e aumentare la tiratura, magari riusciamo pure a collezionare il «sangue» e il «sesso». Sai che colpo. Devo dire che c’è chi, a diminuzione delle cose dette su questo giornale da tempo, in forma quasi palese, è cascato dal pero. Pure davanti alla lettura delle intercettazioni si è fatto accompagnare dalla tradizionale domanda-esclamazione, cazzona, «ma com’è possibile?!». La reazione di fronte a questa sindrome che ci porta a credere ancora alle favole è la stessa di quando ci riscopriamo centometristi alla ricerca di un cesso dopo aver ingoiato roba cui siamo intolleranti che per arrestarne le scariche non basterebbe l’imodium. Dicevo, la spectre. L’acronimo indica l’organizzazione criminale combattuta da James Bond, finalizzata alle attività dello «SPecial Executive for Counter-intelligence, Terrorism, Revenge and Extortion». Nella lingua ischitana si può tradurre tranquillamente con «ruberie, mazzette, appalti, ritorsioni, estorsioni subliminali, nomine nel collegio sindacale della Sapna e porti». Insomma si tratta di un «magna magna» tra le cui finalità non poteva mancare la gestione del potere per fini personali, deputata all’influenza su questo o quel comune oppure a tappare buchi favorendo quel candidato alla carica di sindaco dopo aver fatto cadere quell’altro. Circostanza, peraltro, indirettamente confermata già nel 2013 da un articolo-intervista apparso sul Corriere della Sera in cui si chiedeva al consigliere comunale di allora, Domenico De Siano, i motivi che lo avevano condotto ad appoggiare Carmine Monti, dopo aver lanciato Tuta dalla finestra di possibilità. In concreto la Irace era diventata scomoda all’asse: non la vecchia società per le gestione della “munnezza” per intenderci, eh, ma quella nuova. Un’organizzazione tentacolare – beninteso, sempre da dimostrare- che agisce mediante un comportamento codificato e con un probabile capo che scimmiotta, pure lui, la figura irraggiungibile di «Numero 1» cui segue un «Numero 2» e così via fino a «44 gatti, in fila per 3 col resto di 2» di cui si possono trovare tracce sparse ma dalle forti precipitazioni più che nella fantomatica Area 51. Possiamo dire di aver perso l’età dell’innocenza una volta saputo quello che molti avevano intuito, e qualche pazzo e scemo aveva detto, ossia che sull’isola – per citare il direttore Mauro Iovino – c’è già il comune unico. Ormai è già bello e costituito all’insegna dell’illegalità. Attività propagata sia da accordi politici che hanno avuto un certo retrogusto dal sapor sperimentale, sia da figure ambigue particolarmente brave a costruire un acquario al contrario. In cui, per chiarire, sono i cittadini a nuotarci dentro come pesci. Del resto, siamo tutti un po’ pesci. Non è da escludersi che, tra poco, qualcuno busserà di nuovo alla nostra porta per recapitarci un pacco di supposte (di) verità e intercettazioni scomode che metteranno al centro il porto di Lacco Ameno e la sua gestione o più in generale degli affari; oppure il settore degli appalti, per la cui assegnazione- in ogni comune- il rischio, molto alto, è quello di imbattersi nella stessa «corrente» creata dalla spectre. Cosa che, visto l’andazzo, può apparire verosimile. A quel punto, è evidente, le supposte, prenderanno la strada- qualcuno vuole spingermi a non usare la parola “culo”- che conosciamo bene. Per finire, ho seguito il consiglio di Sua Eccellenza, il vescovo di Ischia, Monsignor Pietro Lagnese. Suggeriva di realizzare pagine possibilmente senza verbi al condizionale. Mi sono fermato al presente gettando uno sguardo al- tempo- futuro.
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