C’è voluto qualche mese, ma il responso è infine arrivato. Il verdetto del Tar saluta la vittoria dell’amministrazione di Casamicciola nella querelle sollevata dall’opposizione consiliare relativamente alla nomina della Commissione Paesaggio, contro cui era stato proposto ricorso alla magistratura amministrativa. Il Comune si era costituito in giudizio nominando come proprio legale di fiducia l’avvocato Giuseppe Morgera. Il ricorso, come qualcuno forse ricorderà, si era discusso alla fine di gennaio, quando il collegio giudicante della prima sezione del Tar si era riservato la decisione. Due mesi dopo, è arrivata la sentenza, che accoglie pienamente le ragioni del Comune articolate dall’avvocato Morgera, in una disputa di carattere procedurale che è poi diventata di chiaro sapore politico.
LA DELIBERA CONTESTATA
Essa fu originata dalla delibera di consiglio comunale n. 36 dell’8 ottobre dello scorso anno, contro la quale si erano levati i malumori della minoranza, che lamentava il fatto di non aver avuto la possibilità di nominare un suo componente all’interno dell’organismo. Il ricorso proposto dal signor Pollice era stato poi “condiviso” anche dai consiglieri comunali Ignazio Barbieri, Loredana Cimmino e Arnaldo Ferrandino. Nodo del contendere era il presunto mancato rispetto dei parametri previsti dalla legge regionale 10 del 1982 secondo cui “per la nomina dei membri esperti, che non dovranno essere dipendenti o amministratori del Comune interessato, ogni consigliere può esprimere un solo nominativo”.
I ricorrenti lamentavano che il Comune di Casamicciola fosse giunto alla nomina della Commissione senza rispettare i parametri previsti da tale legge. Un meccanismo che, come si osservava nel ricorso, era stato creato dal legislatore proprio per fare in modo che l’elezione della commissione possa avvenire con modalità tali da garantire l’espressione del pluralismo politico in seno all’organo consiliare del Comune, “evitando dunque che tali soggetti possano essere espressione di una sola forza e/o alleanza maggioritaria, violando in tal modo il principio del favor partecipationis”. Secondo i ricorrenti, “nel caso che ci occupa, tali garanzie sono state del tutto vanificate, poiché sia il RUEC (regolamento urbanistico edilizio comunale, ndr) del Comune di Casamicciola sia la deliberazione di consiglio comunale 26/2019 si pongono in palese contrasto con la normativa regionale, che ha imposto rigide modalità di voto non derogabili dall’ente locale”. Tra l’altro, nell’istanza gli esponenti della minoranza rimarcavano con forza che “l’accoglimento del presente ricorso determinerà la caducazione della commissione stessa e dei provvedimenti da essa dotati medio tempore, con conseguente blocco delle funzioni comunali in materia Paesaggistica e Ambientale, nonché in giudizio dei principi di efficacia ed efficienza cui deve essere improntata l’azione amministrativa, della necessaria tutela dell’ambiente e del paesaggio e dell’affidamento del cittadino in ordine alla legittimità dei provvedimenti rilasciati dall’amministrazione. Inoltre, le modalità di elezione della Commissione determinano, altresì, un danno imminente, corrispondente al vulnus subito dall’unitarietà del corpo elettorale in favore della sola forza politica di maggioranza”. Uno scenario insomma piuttosto catastrofico, ma il collegio presieduto dal dottor Veneziano e composto dai colleghi De Falco e Santise ha invece sancito la correttezza formale e sostanziale della decisione del Consiglio comunale sulla proposta di delibera avanzata dalla maggioranza capeggiata dal sindaco Giovan Battista Castagna, accogliendo le argomentazioni dell’avvocato Morgera.
Entrando nel merito delle contestazioni, i ricorrenti rilevavano che il Consiglio comunale avrebbe violato la l.r. n. 10/1982 che, ai fini dell’individuazione dei membri esperti della Commissione, prevede che “ogni Consigliere può esprimere un solo nominativo”. Tale meccanismo del “voto limitato”, proseguiva il ricorso, sarebbe stato previsto dal Legislatore Regionale affinché la selezione dei componenti della Commissione per il Paesaggio avvenga con modalità tali da garantire l’espressione del pluralismo politico in seno all’organo consiliare dei Comuni; ne conseguirebbe l’invalidità dell’art. 27 del RUEC nella parte in cui consente a ciascun consigliere di esprimere più nominativi. In definitiva, secondo il ricorrente, la circostanza che ad ogni consigliere comunale sia stata data la possibilità di esprimere il voto su ciascun membro della CLP ha finito per rimettere la sua intera composizione nelle mani della maggioranza.
Alla camera di consiglio del 29 gennaio 2020, le parti vennero avvisate della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a. e in tale occasione l’ing. Pollice, contestando la legittimità del meccanismo di voto applicato per nominare i membri della Commissione del Comune di Casamicciola, impugnava la deliberazione del Consiglio Comunale di Casamicciola Terme n. 36 dell’8 ottobre 2019 ma anche l’art. 27 del Ruec, nella parte in cui ammette che ogni consigliere comunale possa esprimersi sul nominativo di tutti i componenti della predetta Commissione Locale, in quanto tale sistema violerebbe la legge della Regione Campania n. 10/1982.
LE MOTIVAZIONI DEL TAR
Nella sentenza pubblicata ieri, i giudici amministrativi hanno ritenuto infondato il ricorso, in quanto l’allegato I della legge Regione Campania n. 10 del 23 febbraio 1982 dispone che: “Per la nomina dei membri esperti, che non dovranno essere dipendenti o Amministratori del Comune interessato, ogni Consigliere può esprimere un solo nominativo”. Su questa previsione si è innestato l’art. 41, comma 2 della legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16 stabilendo che: “Nei comuni sprovvisti di commissione edilizia, le
funzioni consultive in materia paesaggistico-ambientale, attribuite alla commissione edilizia integrata comunale dall’allegato alla legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10… sono esercitate da un organo collegiale costituito dal responsabile dell’ufficio che riveste preminente competenza nella materia, con funzioni di presidente, e da quattro esperti designati dal Consiglio comunale con voto limitato”. Infine tale disposizione è stata espressamente abrogata dall’art. 4, co. 1, lett. m) della l.r. 5 gennaio 2011, n. 1.
Il punto focale, come spiegano i giudici, è quello di stabilire se la prima delle norme menzionate, quella di cui alla legge regionale n. 10/1982 che limita ad una sola preferenza il voto dei Consiglieri comunali che eleggono i membri della CLP, sia o meno ancora in vigore.
Secondo il Tar, «deve in primo luogo ritenersi che la legge regionale n. 16/2004 abbia effettivamente abrogato la previsione sui meccanismi di voto per la nomina dei membri della Commissione locale del paesaggio di cui alla legge regionale n. 10/1982 sia sotto il profilo testuale sia sotto quello sistematico». E si passa a illustrare tale convinzione: «con riguardo al primo profilo rileva il riferimento contenuto nella sopravvenuta legge regionale n. 16/2004 in generale al “voto limitato” che esprime, come la precedente legge regionale n. 10/1982, l’intendimento di garantire alle minoranze consiliari la possibilità di esprimere uno o più componenti della CPL; tuttavia a differenza della precedente legge regionale, la l.r. n. 16/2004 non indica uno specifico meccanismo di rappresentanza delle minoranze, atteso che il voto limitato può concretamente realizzarsi attraverso diverse modalità tra cui anche, ma non solo, quella specificamente individuata dalla legge regionale n. 10/1982». Tale rapporto di genere a specie fra le due norme non deve, tuttavia, indurre a ritenere applicabile nel caso in questione il principio per cui la legge successiva generale non deroga la precedente legge speciale, visto che la legge regionale n. 16/2004 costituisce verosimilmente il frutto di una specifica scelta legislativa volta a demandare ai Comuni una maggiore autonomia nell’individuazione dello specifico sistema di voto, in linea con la tendenza alla sussidiarietà e autonomia degli enti locali impressa dalla legislazione nazionale successiva alla legge regionale n. 10/1982. «Ne consegue quindi – scrive il Tar – che tra le due disposizioni è effettivamente riscontrabile un rapporto di incompatibilità con conseguente abrogazione della precedente previsione più limitativa dell’autonomia comunale». Peraltro, sotto il profilo sistematico, la legge regionale n. 16/2004 ha una portata ampia, tendendo a porsi come unico testo di riferimento per la disciplina edilizia e per la relativa organizzazione delle istituzioni locali coinvolte nei relativi procedimenti, con ciò costituendo espressione della volontà del Legislatore di introdurre un testo omnicomprensivo e sostituivo delle precedenti fonti. Per gli stessi motivi non si può nemmeno affermare la riviviscenza della previsione della legge 10/1982 a seguito dell’abrogazione dell’art. 41, co. 1, lett. m) della l.r. n. 16/2004, visto che secondo la giurisprudenza “l’abrogazione della disposizione che modifica o sostituisce quella precedente non comporta la sua reviviscenza, tale effetto può predicarsi in caso di abrogazione di una disposizione che abbia come contenuto quello di abrogare una disposizione precedente sicché ciò che viene meno è proprio l’effetto abrogativo”. Nel caso in questione l’art. 41 non si è limitato ad abrogare la precedente disciplina sulla nomina dei membri delle Commissioni locali del paesaggio ma ha introdotto una disciplina incompatibile con quella precedente. E non si può nemmeno ritenere che l’abrogazione della legge regionale del 2004 abbia determinato un vuoto normativo, anzi: si è verificata una “riespansione” della regola generale per la quale tutti i membri del consiglio comunale esercitano pienamente il proprio diritto di voto senza limitazioni. I giudici ritengono infatti che le regole sul voto limitato costituiscano eccezione al principio della piena rappresentanza dei singoli Consiglieri comunali chiamati ad esprimere pienamente il proprio voto.
Peraltro, a tali considerazioni va aggiunto che la Commissione locale per il paesaggio svolge valutazioni di tipo consultivo in materie connotate da discrezionalità tecnica, secondo quanto dettagliato nell’allegato alla legge regionale n. 10/1982, in base alla quale la commissione è investita dei compiti: a) di esprimere parere in merito alle materie di cui all’ art. 82 del DPR n. 616 del 24 luglio 1977 , non comprese tra quelle sub – delegate ai Comuni ai sensi del II Comma dell’ art. 6 della legge regionale 1 settembre 1981, n. 65; b) di fornire consulenza in materia di Tutela dei Beni Ambientali, Paesistici ed Architettonici e di uso di edifici di particolare pregio e, comunque, su tutte le questioni che l’ Amministrazione Comunitaria o Provinciale interessata riterrà opportuno sottoporle. Ne consegue che il profilo della colorazione politica non avrebbe, e non dovrebbe avere, alcuna conseguenza sulle valutazioni compiute dai singoli membri della Commissione chiamati a fornire valutazioni e pareri sulla esclusiva base della propria professionalità, con conseguente natura recessiva delle esigenze di tutela delle minoranze consiliari (cfr. Tar Campania, sez. I, 18 giugno 2019, n. 3359). In definitiva, secondo il Tar il motivo di ricorso si è dimostrato infondato e il ricorso stesso è stato conseguentemente respinto. Un risultato che scongiura il blocco della Commissione, allontanando lo scenario paventato dall’opposizione consiliare.