«Caffè Scorretto»«Il ruolo ritrovato della Difesa, in aiuto alle amministrazioni locali»
Una cosa del genere in passato sarebbe stata poco tollerabile, forse neppure immaginabile. La “Difesa”, con il relativo Ministero, in passato tra le altre cose doveva semplicemente occuparsi tutela dello Stato e dei suoi confini attraverso le Forze Armate. Magari mobilitarle, in caso d’invasione. Altri tempi, altre visioni, altra storia. In tale cornice s’inseriva anche l’obbligo del servizio di leva, secondo me utilissimo per arricchire l’esperienza personale e non solo anche se la principale domanda che si poneva il “chiamato” alle armi per dodici mesi, dopo o durante il tempo passato in caserma, spesso era sempre la stessa e riguardava il motivo di una così evidente perdita di tempo. “Che cosa ho fatto in quest’anno, che cosa ho guadagnato?” era la domanda principale che faceva un po’ da copione. Anche in questo caso, però, torna l’importanza della riflessione su “come” si fanno le cose e sul valore che ognuno gli attribuisce. Intessere rapporti, relazioni e condividere l’esperienza e imprimerla nel proprio bagaglio è già di per se un valore. Il “Servizio alla Patria”, nel mio caso, mi ha insegnato molto. La “Folgore”, la Brigata Paracadutisti in cui ho “vissuto”, mi ha trasmesso ciò che avrei avuto difficoltà ad acquisire e assorbire altrove. Mi ha dato su tutto la base costitutiva per comporre un’impostazione personale e di personalità, come la sostanza e la capacità per attribuire un significato diverso alla composizione del binomio rappresentato da diritti e doveri. Mi ha dato la capacità di comprendere quell’insieme di Principi e Valori che molti danno per scontati o, oggi, corrosi, non interessano a nessuno perché ritenuti superati. Ma non voglio parlarvi di me e neppure ammorbarvi con racconti sul mio periodo nella Folgore. In occasione però dell’appena trascorso 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, composte da uomini e donne di cui si continua a conoscere poco specie in termini di memoria storica, voglio parlarvi del Ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Prima un piccolo inciso. I nostri militari sono impiegati all’estero, in prima linea o per fornire aiuti e solidarietà a paesi e persone che ne hanno necessità. Rischiano la vita, sempre. Alcuni sono rimasti feriti in quelle che alla gente è meglio far conoscere come “missioni di pace”, perché l’ipocrisia di certe sette di pensiero porta a occultare la dorsale di orgoglio e coraggio che serve per affrontare le difficoltà di certe situazioni. In queste ore sono impegnati in varie zone del paese, nei giorni scorsi devastato dall’ennesima calamità naturale che ha distrutto case, devastato ponti e strade, cui – anche questo meriterebbe una riflessione mirata – per farvi fronte l’Italia deve ancora sviluppare gli strumenti etici che le mancano. La presenza delle Forze Armate italiane si riassume nel Valore del sacrificio. Una cosa voglio aggiungerla sul “sacrificio” e sul significato che vi corrisponde. Può sembrare una parola obsoleta ma la sua attualità contiene il mondo di cui è composta e che dovrebbe essere indagato con un ragionamento a se oltre la retorica e il populismo generato da un pacifismo deviato. Dal latino “sacrum-facere” vuol dire rendere un’azione “sacra”, facendola. Si tratta del compimento di un’azione mediante la quale si celebra il valore, vale a dire ciò che è importante. Al contrario dell’opinione errata e diffusa che al sacrificio vuole far corrispondere il dolore, la morte, la dedizione inutile e sofferta. È un sacrificio aver cura degli altri. È un sacrificio occuparsi dei Valori su cui si fonda uno Stato democratico come l’Italia, proteggerli e difenderne l’impalcatura rappresentata dalla Costituzione Repubblicana e dalle Istituzioni. Così com’è un sacrificio esprimere i propri sentimenti attraverso l’arma dell’empatia e l’aiuto solidale. È un atto di coraggio perfino regalare un mazzo di fiori. Dicevo del Ministro della Difesa, attiva nel Movimento Cinque Stelle. È grazie al suo curriculum professionale e di esperienza, alla visione strategica sostenuta dalla comprensione dei fenomeni in evoluzione e merito della sua umanità (il fatto che sia un militare della riserva selezionata non è un caso) se in poco più di cinque mesi dall’insediamento il suo lavoro è consistito nel promuovere il ruolo dell’Italia nel mondo e rilanciare il concetto di “Difesa” in forma integrata. Le due parole chiave usate dal Ministro Trenta per definire il programma di lavoro sono “resilienza” e “dual use”. Con il primo «s’intende la capacità di adattarsi al cambiamento, nella fattispecie al cambiamento della minaccia che il nostro paese si trova ad affrontare». In questo quadro rientra per esempio la cyber sicurezza. Il “dual use”, invece, «è la consapevolezza di dover sostenere, e al contempo ampliare, le opportunità di duplice uso della capacità della Difesa per scopi non militari e a supporto della resilienza stessa». L’attività e il dinamismo di Elisabetta Trenta s’intrecciano su questi due concetti che scorrono su un percorso riformato: fare della Difesa un “sistema” integrato a più livelli. Il Ministro a settembre di quest’anno ha dato concretezza a un progetto aprendo le Forze Armate alla Pubblica Amministrazione. In altre parole ha ampliato il loro servizio a favore dello Stato. Comuni e Regioni o altri Enti, a costo zero e senza pesare sul bilancio, potranno mettersi in contatto direttamente con la direzione del personale militare casomai avessero necessità di una figura professionale da inserire nell’organico della Pubblica Amministrazione. Per esempio, a un Comune potrebbe occorrere un ingegnere informatico o edile, o un biologo, oppure un medico. In questa ipotesi il Sindaco o il Presidente di Regione o loro delegati potranno chiedere alla direzione del personale se tra le Forze Armate ci sono professionisti in ausiliaria residenti presso quel Comune o nella Provincia di residenza e chiamarli in supporto all’amministrazione per 5 anni. Tutto a costo zero. L’istituto dell’ausiliaria è sempre esistito ma l’attuale Ministro l’ha reso operativo. Si tratta di «un periodo transitorio durante il quale il militare, sia in occasione della cessazione del rapporto d’impiego con la Forza Armata e in alternativa al congedo in riserva, può essere chiamato dalla P.A.» per fornire il proprio contributo professionale. La Trenta sta scompigliando in maniera positiva alcuni vecchi canoni del concetto di “Difesa”, riducendo e ricucendo le distanze tra lo Stato e lo stato degli enti locali e regionali spesso in mancanza di organico altamente specializzato, e perciò in emergenza. C’è solo da augurarsi che Comuni e Regioni, Sindaci e affini, di queste “armi” fornite dal Ministro sappiano farne buon uso. Ed è qui che torna la considerazione sul “come”. È, infatti, il “come”, che ha per base azione, motivazione e coraggio, che si trasforma in esempio. Perché forse non è sbagliato dire che lo Stato siamo noi e ognuno può fare qualcosa per cambiare in meglio l’antropologia nazionale, il suo sangue e la sua anima. E difenderla.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci