LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Siamo immobili, nell’attesa del botto»

Se guardiamo bene il Natale, dopo tutto, è anche fonte di angoscia. Non c’è soltanto l’illusorio “siamo tutti più buoni” intorno al quale peraltro, come fosse una tavola imbandita di roba buona, ci sediamo per pranzo. Con cui ci copriamo occhi e orecchie e riempiamo la bocca, intanto che proviamo a consolare noi stessi e gli altri attraverso le immagini di una festa che col passare del tempo diventa sempre più arida e solitaria, dei panettoni sbriciolati guidati da armate di struffoli, delle tombolate con gli amici o mentre degli eventi in giro per l’isola diventiamo protagonisti, destinatari e mittenti di sorrisi distribuiti gratuitamente un po’ a chiunque.

A osservarlo meglio questo imperativo categorico dell’esser più buoni, potrebbe addirittura nascondere la voglia recondita di mangiarci a vicenda. Se scrutiamo con attenzione, facciamo di tutto per sbarazzarci e scacciare quest’angoscia profonda e purissima che ogni anno, dal 25 dicembre si allarga fino a capodanno, ci ricorda che il presepe isolano in fondo è senza fondali. Tra chi parla a vuoto di qualunque argomento e quelli che cercano di compensare la propria “colta” ignoranza con la presunzione e l’attività “teatrale” autoreferenziale, la felicità del vanverare e del parlare a vuoto assume magnifici contorni. Da luogo alla sua opera più ingannevole, convincendoci che pure per poco le cose andranno meglio.

La dimostrazione di una tale sofferenza diffusa però è nell’economia, nel turismo ridotto pochi mesi l’anno e perciò annaspa, nelle numerose attività commerciali che o hanno già chiuso oppure – per esempio l’Alchimie dei fratelli De Georgio – serreranno i battenti tra poco, nel dilagare dei cartelli “affittasi”; o nel vuoto delle strade per l’assenza di persone con cui i negozi, durante le feste, hanno dovuto fare i conti. Si può nascondere, a guardare con maggiore impegno, nell’assenza di un calendario di eventi condiviso o in appuntamenti come l’ultimo “Stelle in strada”, organizzato a Ischia con la paglia disseminata sui basoli del corso e le casupole di legno buone a richiamare l’idea di “mangiatoia”. In cui non si può far altro che mangiare, mangiare e ancora mangiare a botte di carnet al costo di 20 euro.

La metafora esprime ciò che sappiamo fare meglio: divorare cibo e tutto ciò che abbiamo davanti, anche gli esseri umani. Nelle pagine di questo dattiloscritto isolato è già segnata la piega decadente che stiamo percorrendo senza sosta, nella speranza che alla fine tutto passerà e presto torneranno tempi migliori. In realtà il desiderio di un tempo diverso dall’attuale negativo è ancora lontano e neppure siamo capaci di rendercene conto. A dimostrazione di ciò molti sono ancora impegnati nella battaglia in atto da qualche tempo tra “ego” ipertrofici, in cui trova sede la gran parte dei politici, degli amministratori, degli (im)prenditori. Qualcuno tra questi, famosa la specie nella zona di Lacco Ameno ma la sua influenza non si limita a quel comune, in vista delle elezioni di maggio ha iniziato a epurare dai propri alberghi alcuni elementi. Solo perché direttamente o indirettamente collegati a compagini opposte a quella del feudatario più in vista della “piccola Parigi”.

Proprio perché potrebbero rappresentare una minaccia poco contenibile, tanto vale iniziare sin da ora l’opera e modellare, fino a maggio prossimo, il consenso necessario. “Educando” a bastonate “legali” chi è contro il Re Sole. Tutto ciò non si limita certo a uno dei micro comuni isolani, tuttavia rappresenta una pena cupa, tetra, da cui non avremo scampo fin quando non saremo in grado di rieducarci alla difesa della dignità. Prima quella umana e poi di lavoratori. Convinti che non si può scendere a compromessi abdicando a se stessi per compiacere “il capo”, l’imprenditore o il politico di turno, e in buona fede farsi trasportare dal pensiero che quello ormai è il centro di potere migliore cui votarsi con l’intento di soddisfare la sua fame. Forse la riflessione che dovremmo fare dopo i botti di capodanno è un’altra. Se non sia il caso di svegliarci dal torpore che dilaga e interrompere così il giro vizioso di poteri (forti o pseudo tali) che agiscono indisturbati nel podere isolano aumentandone la propria visione soggettiva e, perciò, le pretese. In attesa di cambiare il mercato isolano che si accinge al disastro, buttiamoci nell’abbuffata del 31 aspettando il primo dell’anno. Buon 2020 e, se continuiamo così, auguri.

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