LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Siamo al collasso d’idee e nutriamo finzioni democratiche»

Non intendo parlare della sanità isolana che, decrepita, “precipita” in (dis)servizi mentre le risorse – anche umane – sono sempre più limitate. Nessuno è capace di progettare il suo recupero, magari alzando la voce in Regione in modo autorevole da parte dei sei sindaci, intanto che si rincorrono notizie “come mongolfiere”, tanto per citare un esempio, riguardo all’arte di brancolare nel buio del Comune di Lacco Ameno rispetto alla questione “scuola” che ancora non vede una conclusione e alla volontà dell’Ente, al contrario, di realizzare a piazza Rosario un centro polifunzionale. Come se questo bastasse da solo a muovere l’economia e perciò, scollegato da una capacità di guardare le cose a trecentosessanta gradi, fosse in grado di dare una boccata di ossigeno a un paese che si trova – possiamo dirlo – in terapia intensiva insieme con gli altri, (escludendo Serrara Fontana al quale si può concedere ancora per un altro poco il beneficio del dubbio), per cui torniamo a parlare di sanità e del suo funzionamento intermittente. Nell’intervista di ieri, Giustina Mattera ha detto che promuove il sindaco di Ischia. Ha detto anche altre cose ma una dovrebbe indurre molti alla riflessione.

«Purtroppo – ha dichiarato – noi ragioniamo in termini di sei municipalità. Per tutti questi aspetti dovremmo ragionare in qualità di comune unico sia in termini organizzativi che in termini di presenza per far valere alcuni diritti. Sono sempre dell’idea che l’unione fa la forza e il comune unico, a mio modo di vedere, deve essere una dimensione a cui tutti dobbiamo tendere. In qualunque tipo di contesto Ischia viene sempre percepita come un’entità singola e non ha senso avere ben sei comuni. Per quanto riguarda il discorso più ad ampio raggio, conosciamo tutti gli annosi problemi dell’Italia e della lenta burocrazia che caratterizza il nostro paese da sempre». Come non essere d’accordo? Bisogna rilevare però che quest’idea, per tanti bislacca e al tempo stesso “ancora” una speranza, cioè che “l’unione fa la forza” (non necessariamente attraverso un Comune unico!), a oggi mancando l’intenzione da parte delle Amministrazioni, di cui lei fa parte, tale resta purtroppo e la burocrazia non fa fatica a metterci il proprio. Certo, il momento delicato ha indotto la minoranza a “scomparire” nella maggioranza, gli equilibri da tenere nelle “case comunali” talvolta sono pesanti, sicuro, e il Leviatano burocratico fa il suo sporco lavoro non c’è dubbio (come del resto accade da anni nel nostro Paese, spesso con risultati negativi) rallentando la macchina amministrativa. Giustina Mattera continua e dice «Sulla base della mia esperienza ti posso dire che non è semplice muoversi nei nostri contesti che purtroppo sono sempre legati ai tempi della burocrazia e delle carte. È facile fare politica al bar, mentre è leggermente diverso quando si è dentro e si hanno delle responsabilità. A volte la buona volontà non è sufficiente quando si sta dietro a tante procedure che rendono tutto più complesso. Forse si dovrebbero creare dei gruppi ad hoc che si occupano solo ed esclusivamente degli aspetti burocratici in modo da seguire da vicino alcune problematiche che allo stato attuale, ahimè, non si riescono a risolvere». O magari, per aggiungere qualcosa il più possibile lontano “dal bar”, sarebbe il caso di iniziare a rivedere le priorità con meno “forse” e più azione partendo da una nuova scaletta e dal presupposto che “la sola buona volontà non è sufficiente” ma servono capacità di visione, tensione amministrativa continua, non di breve ma di lungo periodo, e competenze. Neppure perciò voglio introdurre l’indifferenza delle Amministrazioni che produce il loro silenzio assordante rispetto al tanto citato Patto per lo Sviluppo che prevede la creazione di una cabina di regia finalizzata alla risoluzione di problemi “comuni” e parte dalla presa d’atto che per gli Enti locali è indispensabile, oggi, unirsi se hanno l’obiettivo di salire nelle categorie che contano nella consapevolezza che non è più sufficiente tuffarsi solo nel quotidiano come fosse una partita di calcetto sotto casa (o magari nello spazio in cui il Comune di Lacco Ameno vuole realizzare il “suo polifunzionale”, un luogo che negli anni è stato usato come campo di calcio improvvisato e posto di ritrovo per divertirsi a bocce).

Non voglio neanche accennare alla facile corrispondenza tra la sanità che perde pezzi, il silenzio dei Sindaci rotto in qualche evento ma che di solito sui temi importanti è la costante insieme alla miopia sugli orizzonti possibili, e ciò che potrebbe offrire davvero l’isola se si desse inizio a un nuovo percorso di sviluppo, sino a giungere al ragionamento su come Ischia stia andando in frantumi e di come il suo appeal, come quel che c’è ancora di positivo, faccia un’enorme fatica a restare a galla. La tendenza cui siamo costretti ad assistere sembrerebbe nascondere una solida intenzione autolesionista, partendo da ogni Comune fino a giungere alla “zona omogenea” isolana nella sua interezza, per cui davvero ci sarebbe bisogno di una serie di sedute da uno bravo per tornare alla fonte attraverso un’ipnosi regressiva di massa. Pure per darci la possibilità di capire come siamo arrivati a questo ribasso mentre da un lato c’è chi continua ad alimentare il proprio ego e dall’altro chi vi aggiunge carsici trampolini di lancio per ambire alla Città Metropolitana o conquistarsi uno scranno di più alto rango nelle politiche del 2023. L’unica cosa che di profondo abbiamo, che però si mostra in chiaro, non è il «senso dello Stato e del bene comune» ma quello della difesa dello “status quo”, dei propri interessi e del ridicolo. Neanche mi voglio soffermare sul discorso circa le condizioni in cui versano le nostre strade, della loro inadeguatezza e della pericolosità che aumenta anche a causa della scarsa illuminazione. Voglio invece accennare ad altro. Forse è la solita riflessione che in questi giorni rimbalza sulla bocca o sulle tastiere di chiunque. L’illegalità che si traduce – ahinoi – anche da noi in “baby gang”, l’incuria [sociale] diffusa che pare sia diventata normale e funzionale al mantenimento dell’intero sistema «Ischia», passando per i “clan” di potere che si sentono autorizzati grazie al voto dei cittadini. L’impressione è che siamo vittime di finzioni democratiche, del tutto incapaci di contrastare un malessere sociale diffuso che purtroppo colpisce chi è già debole portandolo a gesti estremi, lasciando in chi resta l’incapacità di interpretare eventuali segnali di pericolo mentre il rumore sordo dei “RIP” e dei “condoglianze alla famiglia”, che dopo un evento tragico riempiono le pagine social, tentano di ristabilire una sorta di compensazione all’indifferenza. Senza una vera sommossa interiore, senza la voglia reale di passare da un “sistema di cose slegate tra loro” in uno «economico e sociale» più costruttivo e produttivo, non andremo da nessuna parte. Dovremmo partire tutti da una riflessione matrice, più ampia, ossia “che cazzo di posto siamo diventati!” e cercare, se non c’è va creata, una via d’uscita da questo teatro in cui continuiamo a riprodurre idee senza senso e ipocrisie popolari per giustificarci davanti all’illusione che stia procedendo tutto per il meglio.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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