CRONACA

«Caffè Scorretto» «Impara l’arte – dello sfruttamento – del lavoro e mettila da parte»

Non ci siamo e se ci siamo, dormiamo. C’è anche chi vede ma si gira dall’altra parte. Poi c’è chi non legge. Cioè non è abituato a “contaminarsi” con la stampa “locale”, aggettivo che richiama la trattazione di problemi di un Comune o una provincia. Non significa, come crede qualcuno, che siamo di fronte a un’attività di tono minore rispetto a quella di “stampo” nazionale. Poi ci sono alcuni casi rappresentativi. Quelli di chi decide di riservare il tempo alla lettura dei giornali e s’imbatte nel rischio di non capire di che cosa si sta parlando.

Non ci siamo e se ci siamo, dormiamo. C’è anche chi vede ma si gira dall’altra parte. Poi c’è chi non legge. Cioè non è abituato a “contaminarsi” con la stampa “locale”, aggettivo che richiama la trattazione di problemi di un Comune o una provincia. Non significa, come crede qualcuno, che siamo di fronte a un’attività di tono minore rispetto a quella di “stampo” nazionale. Poi ci sono alcuni casi rappresentativi. Quelli di chi decide di riservare il tempo alla lettura dei giornali e s’imbatte nel rischio di non capire di che cosa si sta parlando

Saremo lapidari, allora: parliamo di lavoro. Di nuovo. Delle condizioni dei dipendenti in alberghi, ristoranti, cucine e negozi (compresi quelli di abbigliamento). Una cosa bisogna dirla. Le attività che riconoscono la paga giusta ai propri collaboratori ci sono.

Qualcuna esiste (e resiste). Poi a squilibrare tutto arrivano le storie di chi sgobba per 11 o 12 ore ogni giorno con la retribuzione ferma a 8. Queste si rincorrono insieme a notizie in cui il lavoro straordinario è una specie di norma – non detta – ossia un regalo che l’imprenditore fa a se stesso non riconoscendolo. Neanche la considera come “voce” degna di menzione, mentre il collaboratore non reclama per non incrinare il rapporto di “fiducia”. «Non ti pago ciò che fai in più, tu non me lo chiedi e io ti riconosco le 8 ore», sembra la normalità, la premessa della maggior parte dei contratti lavorativi sull’isola che non ha mai avuto un buon rapporto con le regole. Tutto per mantenere una macchina, e un sistema, che tenta di tenersi a galla con tre o cinque mesi e giustifica con la brevità del periodo la deroga al trattamento retributivo.

Le attività che riconoscono la paga giusta ai propri collaboratori ci sono. Qualcuna esiste (e resiste). Poi a squilibrare tutto arrivano le storie di chi sgobba per 11 o 12 ore ogni giorno con la retribuzione ferma a 8. Queste si rincorrono insieme a notizie in cui il lavoro straordinario è una specie di norma – non detta – ossia un regalo che l’imprenditore fa a se stesso non riconoscendolo. Neanche la considera come “voce” degna di menzione, mentre il collaboratore non reclama per non incrinare il rapporto di “fiducia”

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Poi ci sono le agenzie di somministrazione (del lavoro). In pratica il collaboratore ha un contratto con l’agenzia non con l’attività che ne ha richiesta la prestazione (che le agenzie forniscono). Il risultato? Un disallineamento tra il monte ore lavorato e il retribuito. Quando l’arte si tramanda, di anno in anno, da una generazione all’altra, senza etica, la storia s’ingegna e diventa una barzelletta. La conseguenza è l’accrescimento del giro di passioni – e favori – che coinvolge vari attori, dice dell’evaporazione dei Sindacati e della sublimazione di chi dovrebbe vigilare e tutelare la parte debole. Forse a pochi interessa che l’Italia, dal 2019, rientra tra i Paesi UE in cui i salari reali sono diminuiti. Pur essendo aumentati gli stipendi, il costo della vita nel nostro Paese si è accresciuto a sua volta di più (da un’elaborazione del giornale on line “Will” che ha sviluppato i dati OCSE). L’indice Life -Work Balance mette l’Italia agli ultimi posti in Europa per equilibrio tra vita personale e lavoro.

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Secondo la CISL della Lombardia su un campione di 17 mila lavoratori, un italiano su due sarebbe disposto a guadagnare meno pur di avere un giorno libero in più. Sull’isola sembrerebbe verificarsi il contrario. Pur lavorando di più in alberghi o in attività ad esempio quelle collegate al settore balneare, non solo a volte salta il giorno di riposo ma si resta nella forbice retributiva compresa tra i 1000 e i 1200 euro mensili. Intanto è ripartita la giostra delle classifiche, quasi un reiterato quanto inutile “luogo comune”. Secondo l’ultima, l’ennesima, Ischia è bella e brava. Applausi a chi l’ha commissionata gettando così anabolizzanti per l’ego ipertrofico e una spruzzata di cloroformio collettivo. In quest’estate in cui i turisti fanno il pieno di spiaggia e Sole nei fine settimana e meno negli altri giorni, di racconti in cui il personale è pagato con una retribuzione non in linea con la prestazione, se ne sentono di ogni tipo. Altre brevi e dolenti note di colore negativo restano i portieri di notte che diventano tuttofare. A loro, in qualche caso, il servizio non è riconosciuto come “lavoro notturno”. Poi ci sono quelle di chi in ferie non ci è mai andato o non avendo usufruito dei permessi retribuiti, se li è trovati come se li avesse usati.

Secondo la CISL della Lombardia su un campione di 17 mila lavoratori, un italiano su due sarebbe disposto a guadagnare meno pur di avere un giorno libero in più. Sull’isola sembrerebbe verificarsi il contrario. Pur lavorando di più in alberghi o in attività ad esempio quelle collegate al settore balneare, non solo a volte salta il giorno di riposo ma si resta nella forbice retributiva compresa tra i 1000 e i 1200 euro mensili

Un’isola che anche in questo settore ama la propria disfatta. Intanto i giornalisti scrivono e a leggere restano in pochi. In molti neanche considerano “scrivere” un lavoro. Se va bene, c’è chi legge ma o non capisce o non reagisce. La politica locale, tra aderenti a sinistra e a destra o comunque nominalmente ad altri partiti, se ne lava le mani evitando di affrontare l’argomento. Le associazioni di categoria sono svanite come i sindacati. Le persone non danno segni di vita. Non solo di fronte a questo tema ma in generale. Non c’è ritmo, non c’è cuore. L’elettrocardiogramma è piatto. Qualche volta lo è pure l’elettroencefalogramma. Insomma il sistema è in equilibrio, meno quello economico e sociale e a noi sta bene. Meglio divorare notizie sulla conquista del gradino più alto in cui siamo l’isola più bella del mondo, dimenticarsi di ciò che non funziona e dedicarsi a fare turismo con gli stessi parametri e risultati di un’arte che non sappiamo ampliare. Se lo sapessimo fare anche dando attenzione alle condizioni delle risorse umane che ne sono il motore trainante, verosimilmente qualcosa, forse, potrebbe pure migliorare.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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