«Bosco della Maddalena? Un dramma. La consapevolezza ambientale è spesso solo facciata»
Il loro nome deriva da uno dei mammiferi più insoliti che possano trovarsi in natura. Come insolita è la chiave con cui Platypus Tour (i fratelli Emanuele e Alessandro Mattera, e i loro collaboratori) declinano l’esperienza turistica e d’ospitalità. Più che una vacanza, un coinvolgimento totale dei sensi. Tra escursioni, laboratori, progetti ambientali e un’attenzione costante per il patrimonio naturalistico. Anche attraverso corsi sulla conoscenza e cura del verde.
In che modo siete coinvolti in questa iniziativa e cosa auspica Platypus, operatore turistico impegnato da tempo nella riscoperta e valorizzazione della cultura del territorio, in tema di tutela del verde e dell’ambiente?
L’idea nasce un paio di anni fa, quando ne parlammo con la dottoressa Vinciguerra. Un piccolo seme è nato per i bambini delle scuole. Poi è cresciuto con laboratori attraverso cui abbiamo maturato una certa esperienza. A questo punto, ci è sembrato necessario traghettare una cultura del giardino e del verde anche per professionisti o persone che, in qualche modo, vogliono seguire dei corsi di giardinaggio e lavorare con le mani a una disciplina importante. Siamo consapevoli che si tratta di corsi che possono attrarre maggiormente persone che vengono da fuori dall’isola, ma è un primo input che intendiamo dare. Ciò che auspichiamo è che proprio gli isolani sentano il bisogno di imparare meglio la cura e la gestione del verde. A tutti i livelli. Per Platypus la cultura ambientale ha un’importanza enorme, anche sotto il profilo turistico. Basti pensare a quello che sta diventando l’isola: il fatto che si sia proceduto per così tanto tempo lungo lo stesso cammino non significa che quel cammino sia stato giusto o che non si possa cambiare. Se il mio nonno ha piantato un pino, e questo pino per ragioni diverse non ha più modo di esistere e resistere, allora diventa doveroso ripiantare. Perché far morire colline intere privandole del verde? Cosa mostreremo ai nostri figli tra vent’anni?
Al
di fuori di realtà d’eccellenza con cui spesso collaborate (dal
Castello Aragonese ai Giardini La Mortella), qual è lo stato di
salute dell’ambiente isolano? Cosa registrate dal vostro
osservatorio?
Una certa mancanza di coscienza ambientale. Se
c’è consapevolezza, in gran parte è solo di facciata oppure in
una fase embrionale. Pensiamo di avere del tempo per recuperare
quanto viene quotidianamente guastato e invece questo tempo non c’è
più. Bisogna muoversi e farlo in fretta. Un esempio è il bosco
della Maddalena, tutti possono vedere come, nel giro di cinque anni,
sia stato martoriato e distrutto. Tra un decennio rischiamo di non
avere più nulla. Una situazione analoga la registriamo anche nella
pineta di Flaiano o in altre aree verdi che stanno lentamente
morendo.
Un dato positivo, o quanto meno incoraggiante?
Faccio fatica a trovarne. Noto tuttavia che sempre più persone parlano di rispetto e di tutela dell’ambiente. Non solo a ischia. E’ una sensibilità globale che cresce grazie alle nuove generazioni. Magari si attivano le associazioni, si organizzano convegni e incontri, ma le amministrazioni isolane, la politica, restano indietro. Sono lenti. Bisogna che l’energia scaturita dai movimenti per il verde contagi un po’ tutti, che venga incanalata in iniziative private e pubbliche. Azioni concrete, intendo, non parole.
Ne dica una.
Individuare delle aree e piantare.