Balneari, sequestro a Genova: è allarme anche a Ischia?
Un Gip ha avallato la richiesta del titolare di uno stabilimento sequestrato per violazione della direttiva Bolkestein, che chiede alle Procure di indagare su tutti gli stabilimenti italiani
Viene dalla Liguria l’ultima evoluzione sulla estenuante questione delle proroghe in tema di concessioni demaniali marittime. Al tribunale di Genova il Gip Milena Catalano, ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione della denuncia presentata da Claudio Galli, titolare dell’unico stabilimento finito sotto sequestro per violazione della direttiva Bolkenstein, quella che – lo sanno ormai anche le pietre – imponeva di mettere a gara con una procedura a evidenza pubblica tutte le concessioni balneari. Galli ha contemporaneamente chiesto a tutte le procure competenti di indagare su tutti gli stabilimenti balneari italiani, che si trovano ad operare forti della proroga al 2033 concessa dalla legislazione italiana.
Una decisione singolare, che chiama in causa le altre diciottomila concessioni sparse per l’Italia, comprese quelle dell’isola d’Ischia. Tuttavia, almeno per il momento, da queste parti la decisione del Gip non viene ritenuta “pericolosa” per gli stabilimenti balneari locali. Giuseppe La Franca, della Fiba Confesercenti, non crede che vi saranno conseguenze pratiche: «Sul territorio del Comune di Ischia non c’è nulla da preoccuparsi, le procedure per ottenere la proroga sono state eseguite in maniera corretta secondo la legge nazionale vigente, e anche gli altri Comuni si stanno muovendo».
Dunque sembrerebbe che quella ligure sia una tempesta in un bicchier d’acqua. Sulla questione abbiamo raccolto anche il parere qualificato dal punto di vista giuridico di un professionista come l’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro: «La questione – spiega l’avvocato – della diretta applicabilità della direttiva Bolkestein in materia di libertà di concorrenza alle nostre concessioni demaniali è da tempo avallata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Cassazione. Da parte di alcuni Tribunali Amministrativi si registra, invece, una marcata resistenza alla fondatezza della tesi. In particolare il T.A.R. Puglia, Sez. Lecce, ritiene che la direttiva europea non sia autoesecutiva e che, trattandosi di direttiva di natura interpretativa, non sia affatto vincolante per la pubblica amministrazione, che può dunque prorogare le concessioni senza temere il sindacato del giudice. Tanto più se si considera che la normativa nazionale (decreto Rilancio n. 77 del 2020) che ha prorogato le concessioni demaniali sino al 31 dicembre 2033 ha carattere di “legge-provvedimento” che un dirigente pubblico non ha il potere di disapplicare. Quanto al paventato pericolo di sequestro degli stabilimenti in concessione – continua Molinaro – ritengo trattarsi di un pericolo alquanto improbabile: ciò perché sarebbe difficile per il P.M. fornire la prova quantomeno dell’elemento psicologico del reato, il cui esame, sia pure con tutte le limitazioni del caso, è stato ritenuto ammissibile dalla Corte Costituzionale anche per i reati contravvenzionali (come quello per il quale si procederebbe). In altri termini, a fronte del contrasto giurisprudenziale e delle resistenze opposte dallo stesso legislatore italiano, l’elemento psicologico del reato non sussisterebbe con ogni evidenza. E questo farebbe escludere la possibilità di sequestrare. La questione comunque resta aperta e gli scenari sono imprevedibili».
Al momento quindi non c’è pericolo per gli stabilimenti balneari di casa nostra, anche perché nel caso ligure si trattava di una concessione scaduta, mentre di proroga si può parlare soltanto nei casi di concessione ancora in vigore. Dunque, un caso particolare quello di Genova, che a rigore non dovrebbe riguardare chi ha ottenuto la proroga quando la precedente concessione non era ancora scaduta, ai sensi della normativa nazionale. Tuttavia, l’indagine richiesta alla Procura potrebbe avere sviluppi futuri, e il 2033 è ancora lontano: potrebbe esserci quindi tutto il tempo per ulteriori colpi di scena.