Ieri mattina al Tribunale di Napoli si è finalmente conclusa l’udienza preliminare nella complicata inchiesta foriana che ha visto indagati Antonello D’Abundo, Giovangiuseppe Ferrandino, e Ciro Castiglione. E come previsto, il verdetto è stato “multiplo”, in virtù dei diversi capi d’accusa ma anche dei differenti riti scelti dalle rispettive difese: come si ricorderà, D’Abundo aveva optato infatti per il rito abbreviato. Il Gup Enrico Campoli è stato sollecito, e di buon mattino, poco dopo le ore nove, ha annunciato la sua decisione: Antonello D’Abundo è stato assolto da tutti i tre capi d’imputazione costituiti dall’induzione indebita, dal millantato credito e dalla rivelazione di segreti d’ufficio, mentre Ciro Castiglione è stato prosciolto dall’unica accusa mossagli, quella di induzione indebita. Anche il maresciallo Ferrandino ha visto cadere quest’ultima ipotesi, ma per lui è arrivato il rinvio a giudizio in relazione al secondo capo d’accusa, quello di rivelazione di segreti d’ufficio, per il quale dovrà affrontare il processo innanzi al giudice monocratico del Tribunale di Napoli. Si chiude così la tormentata fase preliminare di una vicenda deflagrata tre anni fa, e andata avanti per un altro biennio, non senza alcuni colpi di scena, fino alla definitiva conclusione delle indagini, esattamente dodici mesi fa.
L’esito di ieri è dunque completamente soddisfacente per Antonello D’Abundo, difeso dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio che chiese e ottenne il rito abbreviato per il suo assistito, la possibilità cioè di essere giudicato allo stato degli atti. E a onor del vero, come riportammo su queste colonne, poco meno di un mese fa la richiesta di assoluzione invocata dal pubblico ministero per tutte le accuse a D’Abundo lasciava presagire un esito comunque positivo per la difesa del titolare d’agenzia turistica: ieri mattina è
Grande e comprensibile soddisfazione anche per l’avvocato Michelangelo Morgera, difensore di fiducia dell’albergatore Ciro Castiglione, prosciolto dall’accusa di induzione indebita e che nel complesso dipanarsi dei fatti da accusatore era suo malgrado divenuto imputato.
Risultato invece in chiaroscuro per il terzo indagato: il maresciallo Ferrandino ha visto cadere la grave accusa di induzione indebita, da cui è stato prosciolto, ma come detto dovrà difendersi in dibattimento dall’imputazione di rivelazione di segreti d’ufficio. I due difensori di Ferrandino, gli avvocati Lorenzo Bruno Molinaro e Mario Tuccillo avevano tra l’altro eccepito la nullità delle intercettazioni telefoniche e l’inutilizzabilità della registrazione effettuata da Castiglione. Su quest’ultimo punto, in particolare, fu richiamata una
La decisione del giudice dell’udienza preliminare è dunque arrivata proprio a un anno di distanza dalla conclusione delle indagini. Come alcuni lettori ricorderanno, la vicenda venne innescata da una serie di ispezioni e controlli effettuati presso una delle strutture ricettive della Casthotels relativamente agli scarichi fognari e che, secondo l’accusa, avrebbero visto i primi due indagati godere di una serie di favori in cambio di soffiate circa lo svolgimento dei controlli stessi. Scattarono anche alcune misure cautelari restrittive, poi progressivamente revocate. Il terzo indagato, Castiglione, entrò per ultimo nel registro degli indagati, dopo aver ricoperto a lungo il ruolo di parte lesa. Gli indagati furono tutti accusati del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, reato ora previsto dall’articolo 319 quater del codice penale, perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, Ferrandino Giovangiuseppe in qualità di pubblico ufficiale e, in particolare, di
Altre accuse erano indirizzate invece ai due indagati della “prima ora”, Antonello D’Abundo e Vanni Ferrandino. Proprio al D’Abundo, in particolare, venne contestato il reato previsto e punito dall’art. 346 del codice penale ossia millantato credito, perché appunto “millantando credito presso personale di polizia giudiziaria, non meglio specificato, che nel mese di ottobre avrebbe dovuto effettuare
A carico di Vanni Ferrandino e Antonello D’Abundo venne anche ipotizzato il reato previsto e punito dall’art. 326 del codice penale, in concorso, e cioè quello di rivelazione di segreti d’ufficio. Si legge infatti che entrambi gli indagati “in concorso e previo accordo tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi: Ferrandino Giovangiuseppe, in qualità di pubblico ufficiale e, in particolare, di sottufficiale dell’ufficio circondariale marittimo Guardia Costiera di Ischia, il quale nell’ambito dei suoi compiti istituzionali, comandato dall’ufficio di appartenenza, su delega della Procura della Repubblica di Napoli, di effettuare, presso la struttura alberghiera Hotel Tramonto d’oro, ubicato a Forio d’Ischia e gestita dalla Cast Hotel srl negli anni 2014 e 2015, e di cui Castiglione Ciro era amministratore delegato per l’anno 2014, una serie di controlli al fine di verificare la regolarità dello smaltimento dei rifiuti e dei reflui da parte della suddetta struttura alberghiera; D’Abundo Antonello, quale intermediario tra il Ferrandino e il Castiglione, rappresentando, direttamente e per il tramite del Ferrandino, al Castiglione l’effettuazione dei controlli delegati dall’ufficio