Assenteismo “medico” a Procida, in cinque rinviati a giudizio
Il gip ha accolto la richiesta della pubblica accusa disponendo il processo a carico di cinque sanitari in servizio sull’isola di Arturo. L’indagine prese il via da una collega di lavoro, da poco insediatasi nel presidio
La vicenda giudiziaria, all’epoca dei fatti, deflagrò in maniera clamorosa andando a turbare l’apparente tranquillità dell’isola di Procida ed ebbe una risonanza mediatica che andò ben oltre ristretti confini territoriali locali. Adesso, a distanza di qualche anno, un’indagine lunga e laboriosa giunge ad una prima e significativa svolta che non chiude i giochi ma segna inevitabilmente un appendice. E’ stato infatti disposto il rinvio a giudizio di tutti gli imputati coinvolta nell’inchiesta avviata tre anni fa dalla Procura della Repubblica di Napoli – in collaborazione con i Carabinieri della Compagnia di Ischia e della stazione di Procida – che riguardava presunte irregolarità e una serie di reati che sarebbero stati perpetrati all’interno degli uffici della Guardia Medica procidana. Un lavoro certosino che di fatto segna una prima conclusione: lo status di cinque soggetti, che fino ad ieri era di indagati, diventa adesso di imputati il che significa che gli stessi dovranno essere processati dinanzi al Tribunale di Napoli.
Le accuse, a vario titolo, vanno dal falso ideologico, interruzione di un ufficio o di un pubblico servizio, minacce e diffamazione
Anche se, va detto, rispetto ai capi di imputazione inizialmente previsti nelle contestazioni rivolte ai sanitari, molti di questi sono cadute nel momento in cui il giudice per l’indagine preliminare Marcello De Chiara ha accolto le richieste del pubblico ministero disponendo il giudizio nei confronti dei professionisti. Per la cronaca il processo avrà inizio in autunno, esattamente il 17 ottobre, e sarà celebrato davanti al giudice Francesco Pellecchia.
Tutto nasce nella maniera se vogliamo più logica e scontata in casi del genere (scoperchiare eventuali irregolarità in casi del genere sarebbe viceversa molto complesso) e cioè da una denuncia presentata alcuni anni fa da una collega degli imputati, una dottoressa che – da poco subentrata nei ruoli di servizio della locale Guardia medica procidana – avrebbe scoperto comportamenti omissivi ed assenze ingiustificate sul posto di lavoro da parte di altri medici. Un atteggiamento che aveva avuto modo di appurare facilmente e che sin da subito non era affatto andata giù alla dottoressa che peraltro sul posto di lavoro non l’aveva affatto nascosto. L’indagine, in un primo momento coordinata dal sostituto procuratore Catello Maresca (recentemente candidato a sindaco di Napoli), è stata poi acquisita e portata a compimento da un altro pm, Gianfranco Scarfò, che tra l’altro presta servizio presso la sezione Reati contro la pubblica amministrazione. Le accuse, a vario titolo, vanno dal falso ideologico, interruzione di un ufficio o di un pubblico servizio, minacce e diffamazione. A essere rinviati a giudizio sono stati Generoso Cibelli. Tommaso Strudel, Francesco Giuseppe D’Orio, Vincenzo Coppola e Romina Lubrano Lavadera. Il gup ha riconosciuto, quale persona offesa, la dottoressa (nonché collega e denunciante) Anna Emanuela Scotto di Perottolo, alla quale – secondo l’iniziale querela – sarebbero state rivolte anche pesanti minacce ed anche tentativi di delegittimazione da parte di alcuni degli imputati. Una serie di iniziative poco “ortodosse” (ovviamente laddove confermate in sede processuale) che a quanto pare non sono affatto servite a farla recedere dai suoi propositi, anzi magari l’hanno invogliata ancor più.
A essere rinviati a giudizio sono stati Generoso Cibelli. Tommaso Strudel, Francesco Giuseppe D’Orio, Vincenzo Coppola e Romina Lubrano Lavadera. Il gup ha riconosciuto, quale persona offesa, la dottoressa Anna Emanuela Scotto di Perottolo
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Come sempre va ricordato il diritto alla presunzione d’innocenza di tutti gli imputati, che tali restano fino a una sentenza di condanna in ultimo grado di giudizio passata in giudicato. La decisione di celebrare un processo non significa affatto che i cinque sanitari debbano essere ritenuti colpevoli e questo lo diciamo a scanso di equivoci: semmai, il “dibattito” in tribunale servirà anche agli imputati per poter chiarire minuziosamente e nel dettaglio la loro posizione e dimostrare magari l’estraneità assoluta ai fatti contestati.
Stando all’impostazione accusatoria, che ha convinto anche il giudice per l’udienza preliminare (fatti salvi i reati che il decorrere del tempo ha mandato in prescrizione) avrebbe evidenziato un presunto “sistema” che sarebbe andato avanti nel generale silenzio e tra qualche complicità imbarazzante sin dal 2015: fino a quando, cioè, a disvelarlo sarebbe stato sarebbe stato l’arrivo negli uffici della Guardia medica locale di una dottoressa subentrata ad una collega. La quale – sempre secondo l’accusa – avrebbe subito chiarito di non avere nessuna intenzione di coprire il presunto malcostume, denunciando tutto in Procura. Una decisione, la sua – si legge in una delle contestazioni dei pm- che le sarebbe costato l’isolamento professionale e persino pesanti minacce. Di qui non soltanto la denuncia alla magistratura inquirente, ma anche alla Asl Napoli2. Un caso di malcostume sanitario? O accuse ingiuste? Parola, dunque, al giudice del Tribunale di Napoli. Al quale toccherà valutare tutti gli elementi a carico degli imputati.