Ricordo molto bene quel lontano 1974, anno in cui si affilavano le armi politiche a Casamicciola per affrontare -due anni dopo- le Elezioni amministrative in un clima arroventato e incattivito dalla guerra scatenata dal PCI di Ciro Carcaterra, Crescenzo Monti, Nunzio Capuano, Salvatore Punzo, Mario Cerrito, Attilio Di Bonito, Crescenzo Di Spigna contro la Democrazia Cristiana di Antonio Castagna e i “cugini” socialisti di Peppino Iacono. Era anche l’anno della pubblicazione, per i tipi della Mondadori, del Libro-denuncia scritto dal dissidente russo Solzenicyn “Arcipelago Gulag”; un reportage -diremmo oggi- diviso in tre volumi che descrivono gli orrori dei campi di lavoro forzato creati da quella mente diabolica di Giuseppe Stalin, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale, per relegarvi gli oppositori del regime sovietico. Lo aveva già anticipato sui tempi Lenin, quel furibondo ideologo comunista vincitore della Rivoluzione di Ottobre contro lo zarismo, facendo costruire alle estreme frontiere di Vladivostock e delle Isole Sakalyn (ultime terre ghiacciate della Siberia) i campi di lavoro forzato destinati ai politici e ai deportati per delitti comuni. Efferatezze che produssero milioni di morti dimenticati, ma anche una cospicua forza-lavoro utilissima per l’Economia sovietica uscita a pezzi dal conflitto mondiale.
Ebbene in quel 1974 ricordo -con inestinguibile rabbia- l’atteggiamento di sufficienza dei “compagni” comunisti di Casamicciola nel commentare il Libro di Solzenycyn che aveva occupato le prime pagine di tutti i quotidiani italiani:” Fandonie, esagerazioni, scritto anticomunista, propaganda antisovietica personaggio pagato dagli Stati Uniti per denigrare la politica di Stalin”! Un ritornello stomachevole che la diceva lunga sulla “cieca obbedienza di partito”, disciplina comunista per un’ideologia santificata oltre ogni limite e osservanza piena delle direttive marxiste-leniniste emanate dal Comitato Centrale “Falce e Martello”!
“Arcipelago Gulag” fu accolto dalla congrega rossa con un atteggiamento di ostilità feroce, perché si mettevano in discussione una Fede, una Dottrina, un Vangelo che soltanto i fanatici potevano accettare a scatola chiusa, senza profferir verbo, pena l’essere espulsi dal PCI per indegnità! Questi erano gli anni Settanta e seguenti, e questi i tempi di oggi -A.D. 2024- con una patata bollente fra le mani (l’uccisione di un importante oppositore con un seguito di sostenitori non indifferente) che Putin & Oligarchi vorrebbero a tutti i costi disfarsene, dichiarando cinicamente la morte accidentale di Navalny! La verità è che l’ultimo oppositore del regime russo è stato ucciso in circostanze ignote in un “gulag” a 60 chilometri dal Circolo polare Artico!
A questo punto si potrebbe affermare con vera cognizione di causa che Solzelicyn dopo otto anni di internamento in un gulag sovietico ritornò a casa e riparò negli Stati Uniti da uomo libero, mentre con Putin gli avversari politici vengono liquidati per avvelenamento, attentati dinamitardi, micidiali colpi di pistola o recluso in un campo di concentramento (tipo nazista) situato fra i ghiacci della Siberia dal quale non si farà più ritorno! Le voci critiche contro il capo del Cremlino hanno attraversato tutti i 23 anni di governo di Putin Il deputato liberale SergeiYushenkov fu ucciso nell’aprile del 2003 con un solo colpo di pistola al petto poco dopo aver registrato il suo partito politico per partecipare alle elezioni parlamentarti di quell’anno. Nel 2004 Klebnikov, redattore capo dell’edizione russa di Forbes fu ucciso in una sparatoria contro la sua auto; due anni dopo l’ex spia Alexander Litvinenko morì avvelenato da polonio-210 a Londra. Sempre nel 2006, la critica severa alla guerra in Cecenia contenuta nel celebre Libro “La Russia di Putin, segnò la condanna a morte della giornalista di NovayaGazeta, Anna Politkovskaya, freddata con un proiettile alla testa mentre rincasava. Nel 2015 un ex insider del cerchio magico di Putin e un tempo protagonista della sua ascesa al potere, Mikhail Lesin, fu ritrovato senza vita in una stanza d’albergo a Washington dopo essere stato licenziato dall’influente apparato mediatico del Cremlino. Lo stesso anno, Boris Nemtsov, leader dell’opposizione, considerato all’epoca il più quotato rivale di Putin e forte contestatore dell’invasione russa dell’Ucraina del 2014, fu ucciso a due passi dal Cremlino con quattro colpi di pistola alla schiena. Nel 2023 è stato liquidato addirittura un amico (diventato poi nemico) di Putin; quell’Evgenij Prigozhin, capo della Compagnia mercenaria Wagner e reo di “tradimento” dopo la fallita marcia su Mosca contro i vertici della Difesa. L’aereo privato su cui viaggiava esplose in volo con la benedizione di Putin che aveva ormai indossato le vesti di un autentico “malato criminale”, tipo Stalin! Naturalmente la lista dei “condannati” di Putin si allunga con gli avversari esiliati o spediti nei gulag dai quali difficilmente ritorneranno.
L’errore (consapevole) di Navalny è stato quello di lasciare l’Inghilterra e infilarsi nella tana del lupo per una “sfida” impossibile che nessun comune mortale si sognerebbe di affrontare con i tempi che tirano in Russia. Gli eroi morti non servono a nessuno, mentre “l’esempio fulgido di un sacrificio per amor patrio” resta vuota retorica soppesando l’alternativa di una lotta condotta dall’esterno, sempre valida ed efficace per raggiungere un obiettivo di destabilizzazione del potere di Putin non certo nell’immediato! La verità è che i Paesi occidentali si tengono alla larga dalla Russia e dalla Cina: a parole fanno la voce grossa, ma nei fatti se la fanno nei….. evocando guerre stellari e bombe atomiche, ma anche coltivando interessi economici che sono sempre alla base della politica mondiale. Ora tocca alla moglie di AlexeiNavalny continuare la lotta alla dittatura russa ma facendo tesoro dell’esperienza del presente e del passato, come il guardandosi le spalle da un nemico subdolo, feroce, determinato e deciso a tutto pur di conservare inalterato il potere fondato sul terrore.