Eccola, nel mio studio, la pittrice Antonetta Righi, che mi parla di sé. Minuta, quasi timida, morbida, gli occhi le ridono. Sempre: di un sorriso fanciullesco, spontaneo, accattivante. E forse questo è il suo segreto. “Da quando dipingi?” Le domando. “Da sempre! Ero bambina ed avvertivo un bisogno intimo di dipingere. Era più forte di me. Mio padre, uomo all’antica, non voleva ed io ero costretta a dipingere di nascosto. Poi distruggevo i disegni che facevo”, la guardo incuriosito; è una vera figlia di Procida, della Marina di “Sènt’Cò”, di sotto la Lingua. E con la sua voce sommessa mi narra di quando faceva il bagno presso la banchina, di quando il mare, nei giorni di tempesta, la superava e saliva fin nei nelle scale delle case. E mi dice che ha imparato a nuotare a cinque anni, da sola, presso la “Scarpetta” che esisteva in quel punto. Come ha imparato da sola a dipingere! Non ha avuto nessuna scuola; no se lo poteva permettere. Eppure ha imparato! Con la forza della passione e della volontà. Perché questa donna sembra fragile, ma non lo è. Anzi! Ha una forza intima, occulta, nascosta nelle pieghe del suo carattere, che la fa sempre vincere: vince nelle battaglie della vita perché inoltre è profondamente ottimista.
La sua pittura riflette il suo modo di essere. “Ogni artista -mi dice- riversa in ogni sua opera qualcosa di sé”. Ed è vero! “Cosa ti piace ritrarre di più?” Le domando. “I bambini” mi risponde -Questi mi fanno ritornare indietro nel tempo, in una sorta di alba della vita, di un periodo della nostra esistenza puro e senza pensieri nascosti e pieni di riserve. E sento che lei non ha riserve mentali: è schietta, generosa, pulita. E continua: ” per me dipingere è tutto. Non so stare neanche un giorno senza per lo meno abbozzare qualcosa su un foglio”. Viva l’arte! Penso. Forse gli artisti sono fortunati ad essere tali: vivono in un mondo diverso dal solito mondo degli altri. Sono liberi. Liberi di spaziare con la fantasia e di vivere in un’altra realtà. E questo mi sembra che faccia Antonietta. Questa donna libera, decisa, coraggiosa, solo in apparenza remissiva, e solo in apparenza procidana perché non lo è più solamente. Essa è volata lungo gli orizzonti dell’universo, è cittadina del ondo: nel nome dell’arte! Le chiedo cosa ne pensa dell’arte contemporanea, aggiungendo che io non ne capisco nulla. “E’ l’arte del futuro- mi risponde- E’ un’arte che necessita di essere interpretata volta per volta, che spesso è senza titolo perché questo quasi sempre viene dato da chi guarda, é un’arte infinita, senza confini”. “E per la musica?” le chiedo. “Per la musica è la stessa cosa!” Ebbene, cari amici che mi leggete, di fronte a questa donna semplice, ma proiettata verso il futuro con le sue idee, mi sono sentito un trapassato, uno all’antica, un dinosauro.