CRONACAPRIMO PIANO

Ancora una beffa

Un gruppo di deputati aveva inserito un paio di emendamenti nel decreto “Salva Milano” con l’intento di fermare le demolizioni o quantomeno di stabilire un criterio di gradualità. Ma mentre sul versante meneghino è passato tutto, quelli che sarebbero tornati utili anche a fermare le ruspe sull’isola sono stati dichiarati inammissibili

Nella capitale di avevano lavorato sotto traccia, cercando di rimanere lontani da occhi e orecchie indiscrete. Anche perché non si capisce perché (e questa è davvero la più odiosa delle discriminazioni) ogni qualvolta si parla di condoni o decreti e iniziative salva ruspe in Campania si leva sempre una sollevazione ad ogni latitudine e longitudine, contrariamente a quanto succede nel resto d’Italia dove evidentemente vige una diversa legislazione. Un gruppo di deputati, infatti, aveva provato a inserirsi nel cosiddetto “Salva Milano” proponendo una serie di emendamenti che tanto avrebbero giovato al sud Italia ma anche alla nostra isola. La norma era stata annunciata diverse volte dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e punta nelle intenzioni a sciogliere i nodi legislativi sull’urbanistica nel capoluogo lombardo, in particolare dopo una serie di inchiesta condotte dalla Procura della Repubblica e relative a presunti abusi edilizi. Il provvedimento è stato presentato dall’attuale maggioranza di governo ed assegnato in Commissione Ambiente della Camera, con l’indicazione di poter usufruire di una corsia preferenziale.

Il ministro Matteo Salvini

Vista l’aria che tira dalle nostre parti alcuni deputati hanno pensato di proporre una serie di emendamenti per cercare di dare qualche garanzia ed un minimo di copertura anche ai cittadini del Mezzogiorno d’Italia, palesemente esclusi da questa misura. In particolare gli onorevoli Gianpiero Zinzi, Manuel Alessandro Benvenuto, Gianangelo Bof, Elisa Montemagni e Graziano Pizzimenti chiedevano di aggiungere all’articolo quello 1 bis contenente la seguente dicitura: “Al fine di garantire criteri di priorità uniformi sul territorio nazionale per l’esecuzione degli ordini di demolizione delle opere abusive disposti ai sensi dell’articolo 31, comma 9, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e degli ordini di rimessione in pristino dello stato dei luoghi disposti ai sensi dell’articolo 181, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il titolare dell’ufficio requirente è tenuto a dare adeguata considerazione: a) agli immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico o a vincolo sismico o a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico o storico-artistico; b) agli immobili che per qualunque motivo costituiscono un pericolo per la pubblica e privata incolumità, nell’ambito del necessario coordinamento con le autorità amministrative preposte; c) agli immobili che sono nella disponibilità di soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 416-bis del codice penale o per i delitti aggravati ai sensi dell’articolo 416-bis.1 del codice penale, o di soggetti ai quali sono state applicate misure di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; 2. Nell’ambito di ciascuna tipologia degli immobili di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, determinata con provvedimento del titolare dell’ufficio requirente, tenendo conto dei criteri di cui al medesimo comma 1 e delle specificità del territorio di competenza, la priorità è attribuita, di regola, agli immobili in corso di costruzione o comunque non ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado e agli immobili non stabilmente abitati”. Insomma, come si nota era stato stilato un ordine di priorità che di fatto metteva in coda abitazioni e immobili già abitati e che in diversi casi rappresentano per le famiglie anche la prima e unica abitazione.

Ma Zinzi aveva chiesto ancora di più con un altro emendamento di cui si chiedeva l’inserimento nel “Salva Milano” che conteneva questa importante disposizione: “Nelle more della completa ricognizione e definitiva mappatura, ad opera dei Comuni interessati, degli insediamenti abusivi esistenti per esigenze di recupero, rigenerazione urbana e riduzione del consumo del suolo, stante, fra l’altro, la necessità e l’urgenza di favorire l’edilizia residenziale sociale anche in ragione della indiscriminata proliferazione dei bed and breakfast, delle case vacanza e delle locazioni brevi nella realtà del turismo moderno, sono temporaneamente sospese le demolizioni giudiziali, di cui all’articolo 31, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e all’articolo 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004. n. 42. Ai fini del primo periodo, non è consentita la disapplicazione, in ambito giurisdizionale penale, dei permessi in sanatoria a qualsiasi titolo rilasciati. L’obiettivo era quello di giungere a stoppare almeno temporaneamente le demolizioni, in attesa di tempi migliori, ma purtroppo in un caso come nell’altro l’iniziativa dei deputati si è rivelata vana. A spegnere ogni speranza ci ha infatti pensato il presidente della VIII Commissione Territorio Ambiente e Lavori Pubblici, Mauro Rotelli (deputato di Fratelli d’Italia); mentre gli emendamenti proposti in area meneghina sono stati tutti tranquillamente approvati, quelli che ci riguardano da vicino sono stati ritenuti tutti inammissibili, per buona pace dei parlamentari che avevano visto nell’iniziativa del ministro Salvini uno spiraglio per cercare di dare un po’ di “respiro” anche ai nostri territori. E così l’incubo delle ruspe rimane attuale, mentre altrove si sfornano decreti anche per evitare le conseguenze di inchieste giudiziarie. Ma siamo sicuri che davvero l’Italia sia davvero una sola Repubblica con leggi uguali da Bolzano a Canicattì? Alle volte, francamente, l’interrogativo sorge davvero spontaneo.

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