Altro che 34%, al Sud spetta il 65% del Recovery Fund: ecco perché
Di Luca Antonio Pepe
Questo 2020 termina con un tema ‘very hot’: il Recovery Fund. Qualcuno s’è chiesto quanto spetterebbe al Mezzogiorno? C’è chi dice il 34%, chi dice ‘almeno il 34%’, chi dice il 40%, chi dice di piu’. In realtà, calcolatrice e documenti alla mano, la risposta corretta è: il 65% (circa). Può sembrare folle, ma è quanto chiesto dalla maggioranza dei Deputati lo scorso 13 ottobre.
Ma facciamo un breve passo indietro, per vedere da dove viene fuori questa percentuale. Il documento della Commissione Europea “Com (2020) 408 Final” del 28/05/2020, a pagina 8, riporta i criteri che l’Unione Europea ha adottato per il calcolo dei contributi previsti per gli Stati membri. In particolare, la ripartizione delle risorse prevede che le stesse siano distribuite secondo i seguenti criteri: a)direttamente proporzionale alla Popolazione; b)inversamente proporzionale al livello del Reddito pro-capite; c)direttamente proporzionale al tasso di disoccupazione medio degli ultimi 5 anni.
Applicando queste variabili, l’Europa ha concesso 209 miliardi all’Italia. Perché una quota così importante? Perché il nostro Paese, purtroppo, ha delle Regioni che scontano un PIL esiguo e una minore occupazione. Dunque, da dove viene fuori questa percentuale del 65%? Semplice: adoperando anche nel riparto “interno” italiano (Stato verso Regioni) le stesse tre variabili (popolazione, pil, disoccupazione) che Bruxelles ha adottato nella ripartizione del Recovery verso gli Stati Membri. Qualcuno potrebbe dire: “Ma è esagerato il 65% al Sud”. E la risposta da dare è: “L’Italia ha ottenuto 209 miliardi solo ed unicamente perchè Bruxelles ha scelto di applicare questi tre parametri proprio per venire incontro alle Regioni più fragili d’Europa. Infatti, il nostro Paese ha ottenuto quest’importo solo ed unicamente ‘grazie’ al gap Nord-Sud: se il Sud non fosse così povero, l’Italia avrebbe visto i 209 miliardi col cannocchiale”.
Pertanto, chi per il riparto interno vuole attribuire al Mezzogiorno solo il 34% del Recovery Fund, intende applicare solo uno dei tre criteri scelti da Bruxelles, ovvero quello della “popolazione” (infatti nel Meridione risiede il 34% della popolazione italiana), dimenticando gli altri due parametri: il pil e il tasso di disoccupazione. Che sono proprio quei criteri – lo ripetiamo allo sfinimento – che hanno permesso il traguardo dei 209 miliardi.
A questo punto, mettendo da parte il profilo etico e della ragionevolezza, qualcuno potrebbe dire: “Ma l’Italia è un Paese sovrano, decide autonomamente e può anche non adoperare gli stessi criteri di Bruxelles. Mica siamo obbligati a seguire i parametri dell’UE?”. La risposta da dare è: “Verissimo, ma si deve tener conto della volontà del Parlamento, rappresentante del Popolo Sovrano”.
Ecco, arriviamo finalmente al punto con cui abbiamo aperto l’articolo. Infatti, è passata sotto traccia la notizia che la Camera dei Deputati e il Senato già si sono espressi sul tema, chiedendo…proprio l’adozione dei tre criteri di Bruxelles!
Nella “Relazione sulla proposta di linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza”, delle Commissione Riunite V e XIV del Senato, approvata in Aula il 13 ottobre, nel paragrafo dedicato al Mezzogiorno si legge:
“Il richiamo presente nelle Linee guida del PNRR alla clausola del 34 per cento, ossia alla distribuzione dei fondi in ragione della popolazione residente, non appare sufficiente a operare l’atteso riequilibrio, essendo questa solo una misura minima di cautela volta a fissare un criterio di programmazione degli investimenti in proporzione alla popolazione residente. E quindi non sufficiente a promuovere la riduzione dei divari territoriali ancora oggi esistenti tra le diverse aree del nostro Paese, in cui persiste una differenziazione relativamente al PIL pro capite e al tasso di disoccupazione”.
Inoltre, nella Relazione della V Commissione della Camera dei Deputati recante “Individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund”, approvata in Aula il 13 ottobre, nel paragrafo dedicato al Mezzogiorno si legge: “Appare necessario applicare, con eventuali aggiustamenti, il criterio di riparto tra i Paesi previsto per le sovvenzioni dal dispositivo di ripresa e resilienza (popolazione, PIL pro capite e tasso di disoccupazione) anche all’interno del Paese (tra le regioni e le macro-aree), in modo da sostenere le aree economicamente svantaggiate”.
Dunque, applicare i tre criteri europei anche all’interno del Paese (come richiesto dalla maggioranza dei Parlamentari) vuol dire richiedere che il 65% vada al Mezzogiorno. In italiano si chiama ‘proprietà transitiva’. Pertanto, chi richiede il 65% per il Sud non è né folle, né meridionalista, né provocatore. Semplicemente chiede il rispetto della volontà della maggioranza dei Parlamentari, rappresentanti del Popolo italiano. Quindi, è logico ritenere che i Deputati siano concordi nel dare al Mezzogiorno la quota che essi stessi suggerirono in data 13 ottobre, richiamando i 3 parametri di Bruxelles: il 65%. Altresì, è logico ritenere che i Parlamentari confermino la loro visione sprezzante per il ‘34% al Sud’, confermando la stessa visione che misero nero su bianco in data 13 ottobre.
Il Mezzogiorno si sta per giocare la partita più importante di sempre, e questa volta dovrà farsi trovare pronto e soprattutto consapevole. A tal proposito, consigliamo di leggere l’ultimo “Rapporto Italia, anno 2020” dell’ente Eurispes: da pagina 723 a 753 si illustrano alcuni dati allarmanti che riguardano il mezzogiorno. Probabilmente, il passaggio più duro lo si può leggere a pagina 725, dove si riporta: “se, della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere, corrispondente in percentuale alla sua popolazione, vien fuori che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro, netti”. Anche alla luce di questa sperequazione importantissima, il Mezzogiorno deve chiedere a gran voce quel che gli spetta.
Parliamoci chiaro: 209 miliardi equivalgono a circa 18 Piani Marshall concessi dal Congresso degli Usa all’Italia nel dopoguerra. Fondi che gettarono le basi per la ripresa economica del paese. Ecco, immaginate la potenza di fuoco di 18 Piani Marshall!. In sostanza, nei prossimi mesi si decideranno le basi delle future generazioni. Per questo motivo gli occhi non devono stare aperti ma spalancati. Anche perché lì che aspetta in sala d’attesa c’è pure l’autonomia differenziata, prossima ad entrare nel vivo del dibattito subito dopo l’approvazione della Legge di Bilancio.