Alluvione a Casamicciola, parla il consulente del Tribunale
Il dottor Landolfi ha depositato la perizia illustrando lo stato degli alvei e le competenze relative alla loro manutenzione. Oggi la discussione finale
Siamo ormai alle battute finale del lungo processo diretto ad accertare le eventuali responsabilità per le conseguenze dell’alluvione che dieci anni fa devastò Casamicciola. Dopo aver usufruito della proroga accordata dal giudice, ieri è stato ascoltato il consulente d’ufficio, il dottor Roberto Landolfi, geologo che ha redatto e depositato la perizia a cui il Tribunale chiedeva di accertare, attraverso la documentazione agli atti e l’effettuazione di sopralluoghi e indagini tecniche, le possibili cause della frana, che provocò la morte della giovane Anna De Felice. Una tragedia che, anni dopo, provocò il rinvio a giudizio degli ex sindaci di Casamicciola, Giosi Ferrandino e Enzo D’Ambrosio, insieme ai due tecnici Arcamone e Verde. I quattro furono imputati per omicidio e frana colposi. Il perito aveva anche il compito di cercare di accertare se il fenomeno alluvionale avrebbe potuto essere evitato con la realizzazione delle opere pubbliche necessarie per la protezione degli alvei, e di accertare chi eventualmente avrebbe dovuto svolgere tali lavori.
Il dottor Landolfi ha delineato lo stato di alcuni dei principali alvei del territorio comunale, Pozzillo, Senigallia e Fasaniello, spiegando che dal primo il fiume di fango non tracimò perché libero da detriti, mentre negli altri due casi la tracimazione avvenne a causa dell’ostruzione del canale tombato. La mancata tracimazione della prima cava sarebbe una prova dell’efficacia dell’intervento realizzato, pur tenendo presente che i lavori effettuati in quel punto non erano lavori finalizzati alla difesa e della protezione del suolo sotto il profilo della sicurezza, ma di interventi, come provato dalla delibera n. 107 del 2004 del Comune di Casamicciola (responsabile civile, difeso dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio), all’interno di un progetto nell’ambito del Programma operativo regionale 2001-2006 a carattere turistico termale, più specificamente per il “recupero della filiera termale”, cosa che peraltro secondo la difesa prova pienamente che non si sarebbe verificato alcun dirottamento illecito di fondi, come vuole invece l’accusa.
Il perito ha anche spiegato la ripartizione delle competenze in materia di manutenzione degli alvei. Dal 1999 un decreto legislativo stabilì che la Regione dovesse provvedere a demandare le competenze alle Province. Queste ultime furono mutate in Città Metropolitane, ma la Regione Campania non ha ancora provveduto con apposito provvedimento. Dunque, formalmente, la competenza sarebbe dell’ex Provincia, ma in sostanza questo passaggio di consegne di competenze non si è mai verificato in questi venti anni. Quindi, anche i lavori non ancora svolti erano di competenza degli enti sovraordinati, non del Comune, anche se, come ha spiegato il perito, il Comune in questi iter al termine della trafila riveste la qualifica di soggetto attuatore. Un dato che sostanzialmente conferma la prospettazione della difesa, secondo cui il Comune è un esecutore, mentre la competenza è altra cosa.
Il geologo ha anche specificato che la manutenzione degli alvei è un impegno a cui è difficile fare fronte: si può pulire e liberare un alveo dai detriti, ma il giorno successivo esso può nuovamente essere oggetto di accumulo di detriti. Se si pensa che i casi in questione riguardano alvei le cui pareti misurano decine di metri composte da terreno cedevole e che il canale può misurare anche un chilometro, allora si comprende che si tratta quasi sempre di un’impresa laboriosa. Ormai prescritto il reato di omicidio colposo, resta in piedi l’imputazione di frana colposa, in relazione alla quale il legislatore prevede un termine di prescrizione singolarmente analogo a quello dell’ipotesi dolosa. Il giudice ha rinviato a stamane la discussione finale delle parti: al termine dell’udienza è atteso il verdetto.