E’ forse l’aspetto peggiore, più oscuro, di una vicenda che di recente ha fatto parlare di Ischia ben lontano dai suoi ristretti confini associando il nostro territorio ad un’espressione, “metodo mafioso” che mai avremmo voluto (non certo creduto, continuiamo a dire che le avvisaglie ci sono e pure da tempo) mai associare all’isola un tempo oasi di pace. Dall’ordinanza applicativa di misure coercitive emessa dal gip del Tribunale di Napoli a carico di soggetti non certo “immacolati” (per usare un eufemismo) che si resero protagonisti il 24 luglio 2022 di una violenta aggressione ai danni di un cameriere del bar Gatto Bianco, non si evincono soltanto i gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e soprattutto la reiterazione del loro atteggiamento criminoso – con le minacce a carico della vittima che proseguirono anche in almeno altre due distinte occasioni, sul corso principale di Lacco Ameno e pressa l’abitazione dell’uomo – ma anche una serie di atteggiamenti che possono essere tranquillamente definiti omertosi. E che, tra l’altro, ebbero anche l’effetto potenziale di rallentare nella fase iniziale l’attività investigativa condotta dagli agenti del commissariato di polizia di Ischia, guidati dal vicequestore Ciro Re. Un atteggiamento che, oltre a essere perseguibile sotto l’aspetto penale, è anche deprecabile sotto quello etico ed è indice in un certo qual modo dello stato di “sottomissione” che ormai l’ischitano sembra aver acquisito nel proprio DNA nei confronti di personaggi poco raccomandabili.
Lo si evince da una serie di passaggi che il giudice per le indagini preliminari fa nella sua ordinanza, che sono decisamente esplicativi di quello che vi abbiamo appena spiegato. Nel mirino infatti ci sono le dichiarazioni rese alla polizia da due persone che avrebbero raccontato molto meno di quanto a loro conoscenza. Scrive infatti il gip che la pg procedeva ad escutere entrambi e spiega: “Costoro rendevano dichiarazioni molto generiche, offrendo una ricostruzione dei fatti piuttosto vaga e non fornendo alcuna indicazione utile all’identificazione degli autori del reato, benché gli stessi fossero a loro ben noti come successivamente accertato”. Insomma, le due persone sentite presso gli uffici erano a conoscenza delle generalità e probabilmente anche della scarsa “raccomandabilità” degli aggressori del cameriere – risultati peraltro quasi tutti pluripregiudicati, e scusate se è poco – ma nonostante tutto hanno negato questo dinanzi agli investigatori. Non è tutto, si legge ancora nel dispositivo che “in particolare (omissis) affermava di aver notato alcuni clienti aggredire con calci e pugni il cameriere e aggiungeva che, nel momento in cui si era avvicinato con l’intento di capire cosa stesse accadendo, era stato lui stesso malmenato da uno degli aggressori. Allo stesso modo anche (omissis) confermava l’aggressione mettendo da subito di fornire ulteriori elementi utili all’identificazione dei responsabili”. Una condotta omertosa che viene sottolineata anche più avanti: “Come evidenziato dal pm nella richiesta – si legge – il racconto fornito da (omissis) appariva sin da subito lacunoso e poco chiaro anche perché entrambi, oltre a dichiarare di non essere in grado di riconoscere gli aggressori, avevano omesso di fare riferimento all’evento delle precedenti ore 00.10 circa che, come si vedrà in seguito, appariva propedeutico alla completa ricostruzione dei fatti”.
Il comportamento omissivo delle due persone si riscontrava anche il giorno successivo alla drammatica nottata in cui si era consumata la violenta ed inaudita aggressione. Sono le 16 del 25 luglio 2022 quando (omissis) viene nuovamente convocato presso gli uffici del commissariato ed invitato ed effettuare l’individuazione fotografica volta a identificare i responsabili dell’aggressione patita il giorno prima. Ebbene, il soggetto, si legge “si rifiutava di eseguire l’atto di p.g. ritenendo di non ricordare i volti dei soggetti e non essere in grado di riconoscerli. A nulla valeva l’insistenza degli operatori anche ad eseguire una eventuale identificazione con esito negativo, atteso che il soggetto riferiva di non voler fornire alcun ulteriore contributo alle indagini; aggiungeva, inoltre, che anche la (omissis) qualora convocata, avrebbe assunto la medesima posizione. Il comportamento tenuto dalla parte si palesava già da subito come espressione di timore nei confronti degli autori dell’aggressione posta in essere”. Aprendo una parentesi va detto anche che poi questo atteggiamento omertoso è servito ad imprimere un’accelerazione alle indagini tant’è il gip osserva: “La chiara volontà di non fornire aiuto al prosieguo delle indagini allertava la pg procedente che, al fine di comprendere l’eventuale commissione di atti inditimidatori o di minaccia cercava di acquisire informazioni sul territorio apprendendo che (omissis, il riferimento è al cameriere) alle 17.00 del 25 luglio era letteralmente scappato dal suo alloggio di Lacco Ameno perché minacciato poco prima da due individui che lo avevano affrontato in strada”.
La vicenda, in conclusione – e questo lo abbiamo appreso soltanto di recente – avrebbe avuto un epilogo davvero pesante per la coppia che si è rifiutata di rivelare alla polizia le informazioni in proprio possesso. Entrambi sarebbero stati denunciati in stato di libertà all’autorità giudiziaria e questa circostanza, laddove confermata, aprirebbe davvero ulteriori risvolti in una vicenda che ha destato non poco clamore sulla nostra isola.