Accusati di aver ammazzato un coniglio, assolti due coniugi
La vicenda, risalente a quattro anni fa, ha visto anche l’Enpa costituirsi parte civile
Assolti per particolare tenuità del fatto. Si è conclusa così la singolare vicenda giudiziaria che ha visto imputati due anziani coniugi di 78 e 75 anni, B.A. e la moglie B.M. con l’accusa di uccisione di animali. La bestiola in questione era un coniglio , che secondo l’accusa sarebbe stato ucciso lanciandolo contro un muro, perché era diventato troppo anziano e dunque non era più utile né ai fini riproduttivi né per finire in pentola per essere cucinato con la classica ricetta all’ischitana. L’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) si costituì parte civile. Alcuni ricorderanno l’evento che dette origine alla controversia, accaduto nell’agosto 2015, Secondo la ricostruzione accusatoria, B.A. e B.M. furono sorpresi da due vicini mentre erano intenti a chiudere il coniglio in questione in un secchio per poi appenderlo a un albero. I testimoni della scena intervennero per salvare il coniglio e, secondo l’accusa, riuscirono anche a strapparlo dalle mani della coppia. Tuttavia la donna riuscì a riprenderlo e lanciarlo al marito che a quel punto lo avrebbe lanciato contro il muro causandone la morte sul colpo.
Ieri mattina l’atto finale: il pubblico ministero ha chiesto la condanna dei due coniugi a una pena di otto mesi ciascuno. La difesa, sostenuta dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio, ha invece chiesto l’assoluzione per i propri assistiti, contestando la dinamica delineata dai testimoni che accusarono la coppia: il coniglio in questione, malato, con perdite di sangue e di pelo, era stato allontanato dagli altri e sottoposto a cure, che però non diedero esito positivo. Soltanto una volta sopraggiunta la morte, la carcassa sarebbe stata posta in una busta in attesa del prelevamento e il successivo smaltimento. Nella colluttazione successiva, essa sarebbe finita contro il muro in quanto al centro della contesa che si era sviluppata, ma senza alcun “animus necandi”. L’avvocato Migliaccio ha inoltre sottolineato come il coniglio sia un animale importantissimo nell’economia e nella tradizione gastronomica locale, al punto da essere considerato un “bene” in senso economico, e nessun allevatore penserebbe ad ammazzarne uno, o a disfarsene immotivatamente se ancora vivo. Inoltre, spettava al pubblico ministero dimostrare il dolo specifico costituito dal requisito della crudeltà, cosa che nel dibattimento non è emersa e che quindi impedirebbe all’accusa di invocare l’articolo 544 bis a supporto della domanda di condanna.
Il penalista ha invocato anche la consolidata giurisprudenza di legittimità a sostegno della propria richiesta di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, o in subordine per non aver commesso il fatto, e in ultima istanza per particolare tenuità del fatto. Il giudice, come detto in apertura, ha usato proprio la formula dell’articolo 131 bis, mandando assolti i due imputati.