Di Giuseppe Mazzella
E’ ritornato d’ attualità con il terremoto di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio del 21 agosto 2017 che ha causato 2 morti, mille edifici colpiti, 2500 sfollati,il problema delle “competenze” in materia di assetto territoriale nell’ isola d’ Ischia. Ci sono competenze del Comune, della ex-Provincia ora Città Metropolitana, della Regione e dello Stato Centrale. Pur con il decentramento amministrativo della Repubblica permane un regime “vincolistico” da parte dello Stato Centrale. La legge di tutela ambientale n. 1497 del 29 giugno 1939 ha compiuto 80 anni e non è stata abolita. Il risultato della frammentazione dei poteri e del vincolismo assoluto è sotto gli occhi di tutti: l’ isola d’ Ischia non ha un Piano Regolatore Generale e conta oggi circa 130 mila vani la gran parte costruiti abusivamente e si registrano circa 30mila domande di condono edilizio. Come può avvenire una Ricostruzione senza una seria Pianificazione Territoriale? E soprattutto come si può andare avanti con competenze spezzettate fra stato ed enti locali ai quali si è aggiunta con la legge sulla Ricostruzione la figura ed il ruolo del Commissario Straordinario nominato dal Governo, Carlo Schilardi, che ha annunciato per il 20 agosto prossimo una ordinanza per i danni gravi? Albert Einstein diceva che non è possibile pensare di continuare a fare le stesse cose nello stesso modo e ottenere risultati diversi. Poiché si stanno facendo le stesse cose e nello stesso modo come da 70 anni non è possibile ottenere un risultato diverso. Cinque anni fa – 2014 – fu avviato un dibattito sul ruolo delle “ Soprintendenze”. Fu proposta l’ abolizione. Ripropongo un pezzo di allora e lascio le valutazioni al lettore paziente.
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Condivido nella forma e nella sostanza l’ ottimo intervento del “ giovane architetto” Gerardo Mazziotti ( ha 91 anni ma un Cervello eccezionale!) su “ Le Soprintendenze da abolire” apparso sul Roma di giovedì 30 giugno 2016. L’ intervento mi ha riportato alla stessa mia opinione espressa circa due anni fa. Scrivevo due anni fa che l’alluvione di proclami per imminenti provvedimenti governativi per lo sviluppo ed il lavoro del giovane presidente del consiglio dei ministri, dottor Matteo Renzi, con la promessa soprattutto delle 80 euro in busta paga in più per tutti i lavoratori dipendenti a partire da maggio, ha fatto passare in secondo piano dalla cronaca politica il dibattito istituzionale sulla cosiddetta soppressione del Senato e sulla approvazione di una nuova legge elettorale. E’ passato in secondo piano anche un dibattito avviato con un ampio servizio di un ottimo giornalista come Giovanni Valentini, già direttore de L’Espresso,su La Repubblica di domenica scorsa 9 marzo 2014 sulla soppressione delle Soprintendenze. “Tutti i no delle soprintendenze che ostacolano i tesori d’ Italia” si intitola il servizio di Valentini che sottolinea che non c’è praticamente comune, provincia o regione d’ Italia in cui qualche soprintendente non abbia impedito o quantomeno ritardato per anni la realizzazione di una piccola o grande opera, la ristrutturazione di un edificio storico. Il restauro di un monumento o di un altro bene artistico e questo ha portato alla paralisi della conservazione, il blocco preventivo, la cautela della tutela. Valentini riporta sulle Soprintendenze il giudizio espresso da Matteo Renzi quando era, fino a pochi giorni fa ,sindaco di Firenze e cioè di una delle più importanti città d’ arte d’ Italia: Le soprintendenze sono un potere monocratico che non risponde a nessuno ma passa sopra a chi è eletto dai cittadini.
Giovanni Valentini ci va duro contro le soprintendenze perché afferma che “ troppo spesso le soprintendenze diventano un freno e ostacolo allo sviluppo, alla crescita del turismo e dell’economia” e rimarca il potere enorme di un funzionario che “con il suo parere sui progetti di fatto esercita un potere di veto bloccando i lavori che a suo giudizio possono compromettere la tutela dei beni artistici e del paesaggio”. L’ ampio articolo di Valentini ed il grande rilievo in prima pagina del più diffuso quotidiano nazionale e nel giorno di massima lettura ha suscitato immediate reazioni tanto che il presidente del Fai (Fondo Ambiente Italiano), Andrea Carandini, è immediatamente intervenuto a difesa delle Soprintendenze con un intervento apparso sullo stesso giornale lunedì 10 marzo. Il prof. Carandini sostiene che le soprintendenze non vanno abolite ma rafforzate e richiama la competenza dello Stato in materia di tutela del paesaggio e del patrimonio culturale contenuta nella Costituzione e quindi lo Stato non può liberarsi di un dovere costituzionale perché è uno dei principi primi sui quali si basa la nostra Repubblica. Valentini nel filo di nota si dichiara d’ accordo con il presidente del FAI e francamente trovo la nota molto contraddittoria rispetto al suo ampio articolo tanto che Valentini è costretto a scrivere un altro articolo mercoledì 12 marzo di chiarimento mentre la signora Giulia Maria Mazzoni Crespi, già presidente del FAI ed attuale presidente d’onore, interviene venerdì 14 marzo a sostegno delle soprintendenze che a suo giudizio secondo alcuni studiosi stranieri ci sonoinvidiate dall’estero.
Nessuno però pone in rilievo l’altro principio costituzionale del decentramento amministrativo dello Stato formalmente costituito con le Regioni, le Province ed i Comuni ed ancora non è posto in rilievo – nemmeno accennato – che tutte le Regioni, tutte le Province, e tutta la miriade dei Comuni dal più piccolo al più esteso hanno nei loro Statuti – redatti soprattutto con la prima legge di riforma degli enti locali la n. 142 del 1990 ed aggiornati dal Testo Unico sugli Enti Locali del 2000 – il dovere della tutela del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale delle rispettive Comunità locali. Credo la materia della tutela del patrimonio culturale sia quella più concorrente nell’ordinamento giuridico italiano e così finisce che un potere così solenne e fondamentale sia estremamente spezzettato tanto che alla fine non tutela propriamente e compiutamente nulla tanto che nella nostra Regione Campania il Consiglio Regionale, massima assise, si riunirà la prossima settimana proprio per l’ ennesima discussione sul Piano Paesistico Regionale senza arrivare ad una norma chiara e definitiva cui sono tenuti alla piena osservanza i cittadini. Nel frattempo in Italia c’è stato un Testo Unico sull’ Urbanistica del 1942 rimasto inapplicato per oltre vent’anni, poi la Legge Ponte n. 765 del 1967, la Legge Bucalossi e ben tre leggi di condono edilizio che veniva chiamato in altro modo. Il valore di stima dei vani abusivi costruiti negli ultimi trent’anni è di circa o oltre 2 milioni e la gran parte tutti costruiti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 1039 del 1939 fra le quali le isole di Ischia, Procida e Capri.
C’è stata una simpatica discussione su facebook tra due straordinari e giovanissimi studiosi napoletani, Gerardo Mazziotti e Alfonso Gambardella sul valore dell’urbanistica dove il prof. Gambardella ha sostenuto di non credere all’urbanistica perché le città le fanno le architetture e di non conoscere un piano regolatore di una città, salvo rarissime eccezioni, che sia stato attuato. La battuta è estremamente efficace e racchiude un’epoca durata 60 anni! Ed allora credo che la crisi economica e finanziaria, la più drammatica nella storia della Repubblica, imponga alla classe politica di fare chiarezza estrema sull’ ordinamento giuridico dello Stato, di eliminare i conflitti di competenza, di realizzare veramente ed efficientemente un sistema delle autonomie locali se si crede allo Stato decentrato perché l’alternativa è ritornare ad uno Stato “accentrato” quello disegnato da Napoleone nel 1805. In una Repubblica delle Autonomie – anche questo è nella Costituzione – le soprintendenze non servono perché una volta approvati gli strumenti urbanistici fondamentali dalla Regione – anche qui facendo chiarezza sul Codice dei Beni Culturali e la legislazione concorrente – i pareri in materia ambientale sono delle Commissioni comunali del paesaggio con una discrezionalità ridotta ai minimi termini da parte di sindaci e funzionari dei Comuni. Naturalmente si devono realizzare Comuni efficienti per dimensioni e per personale politico ed amministrativo perché senza l’efficienza non si possono fare discorsi di democrazia a tutti i livelli.
Si dovrebbe fare della Programmazione una cosa seria perché è vero quello che afferma il prof. Gambardella su “ architetture” e “ urbanistica” ma è pur vero che senza uno “ straccio” di Piano Regolatore non si può rendere abitabile e vivibile una città o un paesello e che questo Piano deve essere Generale e non solo scritto da architetti ma anche da economisti con l’obiettivo di trovare l’equilibrio o il compromesso tra tutela e sviluppo in una norma completa e chiara per tutti. Difficile? Ma è la Civiltà Giuridica difficile per definizione.
* GIORNALISTA, DIRETTORE DE “IL CONTINENTE”