“‘A tazzulella ‘e cafe’” torna nei bar dell’isola recuperando la clientela perduta. Dalla vecchia caffettiera alla macchina “moderna” una storia tutta da raccontare
FAMOSE CANZONI E TEATRO POPOLARE CELEBRANO IL CAFFE’ FRA GUSTO ED EMOZIONI – LA CANZONE SIMBOLO “A TAZZA E CAFE’” DEL 1918 / “Ma cu sti mode, oje Bríggeta, tazza 'e café parite: sotto tenite 'o zzuccaro, e 'ncoppa, amara site... Ma i' tanto ch'aggi''a vutá, e tanto ch'aggi''a girá... ca 'o ddoce 'e sott''a tazza,fin'a 'mmocca mm'ha da arrivá!” - 'A tazza 'e cafè è una canzone napoletana, scritta da Giuseppe Capaldo e musicata da Vittorio Fassone. La storia narra di come Giuseppe Capaldo, già autore della fortunatissima canzone Comme facette mammeta, lavorasse come cameriere nel caffè Portoricco in via Guglielmo Sanfelice al centro di Napoli. La cassiera del locale, avvenente ma dal carattere assai scontroso, si chiamava Brigida e da lei erano attratti molti uomini. Tra questi vi era il giovane Capaldo, che compose i versi della canzone nel 1918. In seguito chiese al Cavalier Vittorio Fassone, appassionato di canzoni napoletane e compositore dilettante, di scriverne la musica. La canzone ebbe un successo strepitoso e duraturo, venendo cantata e incisa da molti artisti, tra i quali figurano Roberto Murolo, Maria Paris, Claudio Villa, Bruno Venturini, l'Orchestra Italiana di Renzo Arbore, Milva e Gabriella Ferri.
Dicono che il caffè preso a letto non appena svegliati non faccia bene. Traumatizza lo stomaco più delle bollicine della cocca cola. Sarà, ma sono in molti a farlo, senza badare alle conseguenze. Sta di fatto che su facebook l’amico Gianni Di Bello dello storico hotel Majestic di Ischia, da Dusseldorf dove da oltre vent’anni risiede, oggi 80enne, invita ogni mattina con gioia e fiducia (ora lo sta facendo un pò meno, spero stia bene) tutti i suoi amici a bere con lui la gustosa “tazulella e cafè , per incominciare bene la giornata e dare un calcio al covid che dopo circa due anni, continua a metterci ansia. E’ vero il caffè per tutta la durata dello scorso anno è stato in crisi per il ridotto consumo a causa della inattività di bar e ristoranti. Ora però che la pandemia ha allentato la sua morsa e i bar e ristoranti hanno riaperto tutti regolarmente come pure il bar Calise con la sua nuova gestione, il caffè, h ripreso a funzionare alla grande, e addirittura rilancia la sua sfida per rifarsi delle…tazze perdute. Intanto ci piace qui parlare della sua storia.
Dagli anni ’20 in avanti, tanto per non andare troppo indietro nel tempo, erano poche le famiglie sull’isola che disponessero in casa del caffè, quello da macinare s’intende. L’ uso corrente era dell’orzo più alla portata delle finanze del nucleo familiare locale. Del tè, che rappresentava un lusso, manco a parlarne, sostituito però dalla camomilla, e nell’occasione eccezionale della festa, sia essa del santo patrono, della prima comunione o di altra ricorrenza festiva particolare , in tavola per la colazione del mattino compariva per la gioia dei bambini e non solo, la tazza di cioccolata. Il caffè se lo concedevano quelle poche famiglie benestanti del centro: del medico, del farmacista, del prete, del notaio, del commerciante e di qualche altro notabile del paese. Qualche scatola di caffè macinato arrivava nelle case degli ischitani solo quando l’uomo di famiglia, marittimo (padre o figlio) imbarcato sui transatlantici per l’America, di ritorno a casa dopo il primo imbarco, portava con sé una scorta di caffè conosciuto ed acquistato a buon prezzo es a volte anche alla borsa nera, nei porti di Boston e New York. Il gusto e l’abitudine al caffè sono arrivati dopo, verso gli anni ’30 e ’40, quando a Ischia sono giunte le prima macchine per il cosiddetto caffè espresso. A quel tempo Napoli faceva scuola e la nostra isola assimilò in fretta,tanto che i pochi bar di Ischia Ponte, Porto d’Ischia e Casamicciola non solo si dotarono della “moderna” macchina dalla quale usciva il caffè bollente in tazzina, ma diventarono tutti Bar- Caffè o semplicemente Caffè di fronte al pubblico che ne apprezzava la novità. Il primo ad installare la macchia del caffè nel proprio locale ubicato a Ischia Ponte di fronte alla chiesa cattedrale, fu il maresciallo Vezzuti, detto poi “sciacqua tazze”, con le sue parenti le sorelle De Luca dette “Fiurinde”, che significa “fiorite”, un soprannome dialettizzato e dovuto alla loro prima giovinezza, successivamente diventate “signorine” mature molto note in zona per la gentilezza e l’impegno con cui gestivano lo storico Bar Caffè peraltro molto frequentato dai corrieri e da quegli ischitani che di primo mattino si recavano a Napoli per commissioni e spese speciali.
Sostare sulla via dell’imbarco con le vecchie motobarche “Ondina” e “Rondine” e con la motonave “Vittoria”,al Caffè di “Fiurinda” in Via Luigi Mazzella per gustare il primo caffè della giornata, era diventato quasi per tutti un rituale irrinunciabile. Altri bar aprirono i battenti nei successivi venti anni come il Bar Pilato, il Bar Ischia di Emilio Di Meglio e Bebè Lauro, il Bar Cocò Gelo, il Bar Castello dei fratelli Carlo e Giovan Giuseppe Curci nel Centro Storico tutti con la nuova macchina per il caffè. Poi fu la volta del Bar Vittoria, Bar Diaz, Bar Minicucci, Bar Gino, Bar Italia,Bar Diana, Bar Grottino, Bar Dolce Sosta, Bar Enea, Bar dell’800, Bar Rispoli. Negli altri comuni dell’isola i Bar-Caffè in particolare al centro, aprirono l’uno dopo l’altro con discreti profitti, specie a Forio dove sul corso si distinse l’apertura del Bar denominato della famiglia Regine,“il Re del Caffè”. Dagli anni ’60 in avanti sono sorti sull’isola una marea di altri bar-caffè della cosiddetta era moderna, arricchendo un settore che per evolversi sempre di più, non si è fermato alla presenza consolidata delle sole attività storiche della categoria. Il caffè innanzitutto, come principale punto di riferimento delle attività di ristoro, è considerato sull’ isola, a Napoli, in tutta Italia e nel mondo intero la bevanda più amata e consumata di tutti i tempi. La sua universale esplosione ha reso impossibile la conta delle tazzine di caffè che si consumano sul pianeta. Sull’isola d’Ischia annualmente, nei bar e nelle abitazionI il calcolo è a milioni. Indicativamente, i maggiori produttori mondiali di caffè sono, nell’ordine, il Brasile, il Vietnam, la Colombia e l’Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Nicaragua, El Salvador, Etiopia, India, Ecuador. Storia e leggenda del caffè sulla base di una ricerca che va pesa con rispetto. Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo di origine della pianta del caffè e, oltre all’Etiopia, si ipotizzava la Persia e lo Yemen. Pellegrino Artusi, nel suo celebre manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mokha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l’indizio per individuarne il luogo d’origine. Esistono molte leggende sull’origine del caffè. La più conosciuta parla di un pastore chiamato Kaldi che portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, le capre, anziché dormire, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo, il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta come quelli mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un’infusione, ottenendo il caffè.
Foto Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter
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