LE OPINIONI

IL COMMENTO Disservizi estivi, cause ed effetti

La seconda metà di luglio è stata un periodo che ha segnato uno spartiacque nel comportamento sociologico mondiale e, giù giù, fino all’Italia e più in particolare nell’isola d’Ischia .E’ il periodo in cui si è verificato il “crowdstrike down”, black out della Rete che ha mandato in tilt aerei, treni, borse, banche, ospedali, supermercati e società d’affari. Un collasso improvviso, un bug che ha bloccato milioni di computer windows. Ma qui termino il mio allargamento di orizzonte ai confini del mondo; tiro i remi in barca e navigo nel ristretto mare dell’Italia e. ancor più, del golfo di Napoli. Faccio, in altre parole, il contrario dell’azione di un sasso buttato a mare. Anziché provocare cerchi concentrici che dal centro si allargano, parto dai confini lontani per arrivare al buco dell’acqua. Ho letto commenti arguti, profondi, di ottimi intellettuali, giornalisti, scienziati, economisti sul proliferare dei “disservizi”, del sempre più frequente crash di strutture, infrastrutture, dovunque nel mondo, sotto il peso dell’overdose di dati e persone. Ne segnalo alcuni più vicini a noi e più attinenti all’andamento dei servizi in Italia e nel golfo partenopeo. Il 14 luglio, su il Corriere della Sera, Sabino Cassese, illustre costituzionalista, il cui nome era risuonato anche durante le elezioni del Presidente della Repubblica, ha pubblicato un servizio dal titolo: “La lotta contro i disservizi”. Cassese ha scritto delle carenze della sanità, degli intoppi burocratici, di banche, di reti di comunicazione, uffici postali, compagnie aeree, reti idriche, evidenziando che una delle cause maggiori di black out è l’incomprensione tra addetti di grandi aziende pubbliche e private e l’organizzazione delle stesse. Non si incastrano – a suo avviso – organizzazione e dipendenti, funzionari, addetti vari. Per non parlare della incomunicabilità che si crea tra organizzazione, sempre più orientata verso la digitalizzazione, e utenti (le cui fasce più anziane trovano difficoltà). Non è facile, dice Cassese, ma bisogna superare questa frattura e incomprensione. A dimostrazione che tutto il mondo è paese, perfino in Germania, mito europeo dell’efficienza, durante i campionati europei di calcio, i treni hanno accumulato ritardi una volta inconcepibili per i tedeschi.

Più vicino a noi: a Capri e Sorrento per due giorni (dal 22 al 24 luglio) è mancata l’acqua per lavori a una condotta a Castellammare di Stabia (già il 20 giugno c’era stato un problema analogo) A Ischia, in questo periodo, sono frequenti i black out elettrici che, per quanto brevi, arrecano notevoli danni a elettrodomestici, pompe e serbatoi dell’acqua, servizi di ristorazione e supermercati. L’assalto alle spiagge, la difesa strenua di quelle libere, il tuffo selvaggio, la lotta a conquistare un posto per l’ombrellone, in qualche caso la fortuna di accaparrarsi un posto nel sorteggio del “numero chiuso di utenti”, come avviene nelle spiagge di Posillipo a Napoli. Ogni week end, al Molo Beverello e a Calata Porta di Massa, si assiste all’arrembaggio a navi e aliscafi, con ritardi, insolazioni , ressa, rabbia. E la rabbia si sfoga contro le compagnie marittime, la Capitaneria di Porto, l’Autorità Portuale di Napoli, quando il vero problema è l’accavallarsi di corse in ristrette fasce orarie per destinazioni varie nel golfo. Domenica 21 luglio, su il quotidiano La Repubblica, due bravi giornalisti, in pagine affiancate, hanno detto due cose diverse e quasi contrastanti: Michele Serra e Concita De Gregorio. L’uno, in un articolo dal titolo”L’apocalisse può attendere” e l’altra con un articolo dal titolo “L’estate del nostro collasso”. Per Concita De Gregorio “C’è qualcosa in questa estate che sa di Apocalisse. Un profumo, un sentore, che poi se l’Apocalisse arrivasse davvero non avremmo le parole per dirlo”. E conclude che i grandi problemi dei disservizi mondiali, vanno smontati, parcellizzati e analizzati e risolti uno a uno. Per Michele Serra: “Il tono di sgomento e di sfiorata apocalisse con il quale si parla del black out informatico del 19 luglio suggerisce l’idea che noi contemporanei si viva nella presunzione (infondata) che tutto debba sempre funzionare, niente rompersi”. E conclude che è normale che all’improvviso anche un sistema informatico moderno possa saltare. Dobbiamo solo farcene una ragione.

Sabino Cassese

Ora, con tutto il rispetto per grandi giornalisti, giuristi, intellettuali, a me sembra che il nodo vero dei disservizi non sia stato individuato. I disservizi, a mio avviso, sono eminentemente figli dell’affollamento, della concentrazione della domanda turistica o consumistica in ristrette fasce temporali dell’anno, in un determinato arco orario, in determinati luoghi, in barba a ogni logica di decongestionamento, di delocalizzazione, di destagionalizzazione. Noi, in Italia, abbiamo sempre e solo guardato all’articolazione dell’offerta turistica, mai che ci fossimo preoccupati di manovrare la “domanda turistica”. Vogliamo andare tutti in ferie in luglio e agosto, tutti nelle realtà turistiche più gettonate, a quelle più sponsorizzate da campagne pubblicitarie e influencer, quando – tra l’altro – i cambiamenti climatici stanno rivoluzionando i canoni tradizionali di periodi caldi o freddi, e di paesi caldi o freddi. Allora, perché non pensare seriamente a un migliore scaglionamento delle vacanze, sia in imprese pubbliche che private e a un calendario scolastico sfalsato per Regione? Tra l’altro, l’affollamento, la calca, lo stress per le attese, le file, nuocciono all’equilibrio psicofisico dei cittadini e amplificano la rabbia sociale, l’aggressività, l’insofferenza verso gli altri. Quanto ai crash informatici, che ci capiteranno sempre di più in futuro, sono anch’essi frutto di “congestionamento”, di oligopolio del controllo dei sistemi informatici in mano pochi colossi mondiali. Non è forse paragonabile il tappo informatico al tappo che si crea nella società che si muove tutta insieme, che viaggia in maniera omologata? E non è forse assimilabile l’esigenza di destagionalizzazione turistica all’esigenza di allargare, democratizzare le maglie delle reti informatiche?“ E’ la rete, bellezza, e tu non ci puoi fare niente, niente!” direbbe Humphrey Bogart in un’edizione aggiornata del film L’ultima minaccia (Dead line-USA) del 1952, regista Richard Brooks. Perché la grande stampa, la politica, gli economisti, gli intellettuali non pongono la dovuta attenzione a questi aspetti? Pensiamo solitamente alle misure di sicurezza, a contravvenzioni, a reprimere eccessi di ogni tipo, mai a prevenire, a prevedere, a evitare situazioni caotiche, da cui non possono che generarsi effetti sociali negativi, L’ultimo esempio, efficacemente rimarcato dal Presidente della Repubblica, è lo scandalo del sovraffollamento delle carceri (che certo non aiuta a redimere alcun carcerato). Anziché orientarsi a individuare delle categorie di reato che si possono punire con misure alternative alla detenzione, per sfoltire il sovraffollamento, si pensa irrealisticamente a costruire nuove carceri (che naturalmente rimane un pio progetto sulla carta).

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