CRONACA

All’inferno e ritorno: «Non ho più paura»

Ieri mattina al Re Ferdinando la toccante testimonianza, dinanzi agli studenti degli istituti superiori, di Walter Delogu, finito nel vortice della criminalità e della droga e uscito dall’incubo dopo una battaglia lunga dodici anni. Un racconto da brividi e…

DI ARIANNA ORLANDO

Entrati nell’hotel re Ferdinando siamo stati pervasi da una idea di raffinatezza e di estate che viene. Si è trattato di un impatto emotivo interessante e quasi sublime con la verità di essere nel giorno settimo di maggio: a ventuno giorni esatti di distanza dall’arrivo di giugno, dalla definizione della stagione perfetta per l’isola e per Ischia. Ma siamo qui per altro, nello specifico per “Ischia fuori dalla droga”. Il presidente del Rotary Club Isola Verde introduce al tema della droga spiegando che il convegno si inserisce in un percorso che vuole includere i ragazzi all’interno di un progetto di legalità che conduce all’informazione sui fatti e sugli eventi della droga. Gli intenti sono chiari: nella legalità si vive bene. Studenti provenienti dal liceo Buchner, dal tecnico Mattei e dal professionale Telese hanno raggiunto la sala Re Ferdinando per assistere alla conferenza voluta e creata grazie alla collaborazione delle autorità e delle forze dell’ordine. Relatore d’eccellenza: Walter Delogu, autore di un documentario su San Patrignano che ha contato numerosissime visualizzazioni e un giro intorno al mondo attraverso la visione in tanti paesi.

Il dottor Ciro Re, vicequestore e dirigente del commissariato di polizia di Ischia, ha raccontato che 12 kg di sostanze stupefacenti sono stati sequestrati sull’isola d’Ischia da gennaio fino a ora: ciò indica chiaramente l’esistenza di un giro di fruitori e consumatori davanti a cui ciascun euro speso è un finanziamento a favore della criminalità organizzata. Se i giovani finanziano la camorra allora si crea un cortocircuito invalidante che permette proprio ai più giovani non solo di avvelenare loro stessi ma anche di coinvolgersi nella manovalanza di criminalità organizzata. Delinquere sull’isola, dice Re, significa tradire gli ideali e gli estremi sacrifici dei giudici Falcone e Borsellino(la platea, alla pronuncia dei nomi dei due magistrati morti negli attentati del 199?, è esplosa in un calorosissimo e affettuoso saluto). Il comandante della Compagnia dei Carabinieri, cap. Tiziano Laganá ha detto che non occorre più,pensare all’isola di Ischia come a un luogo separato dalla metropoli e dunque esule dai problemi della città. La città è per antonomasia luogo in cui i problemi si ingigantiscono e solidificano in luogo alle reti stradali e alle comunicazioni più semplici, alle periferie più adibite e qualificate alle perpretazioni di reati per il loro carattere refrattario all’urbanizzazione sacralizzata al turismo o alla buona vita. Ischia è al centro di un traffico di droga “di tutto rispetto” che vanifica gli sforzi che le associazioni e le autorità statali propagano a favore delle campagne di sensibilizzazione sull’uso di sostanze stupefacenti. E’ seguito l’intervento del Capitano Antonio Giglio della Guardia di Finanza che racconta la vicinanza del corpo che rappresenta al cittadino e alla cittadinanza. È importante – rimarca – incidere sulla prevenzione al reato e non solo sulla repressione del reato stesso. L’avvocato Cristiano Rossetti, dopo essersi complimentato per la bellezza dell’iniziativa, spiega come, insieme ad altri colleghi penalisti, è stato possibile ideare un progetto di informazione nelle scuole in cui si affronta la “consapevolezza” sul fatto che la superficialità con cui spesso i giovani accedono ad azioni di tipo criminale possa in verità condurre a delle conseguenze sul piano penale personale.

“Il miracolo non è quando spunta un fiore. Il miracolo è quando spunta un fiore da una pianta morta.”: Walter Delogu. Vita vissuta: “Pensateci quando uscirete di qui. Sono stato un cattivo, un malavitoso e non ho vissuto bene quel tempo. Sono nato in un paesino vicino Milano e a un certo punto mio padre negli anni 70 si trasferì a Milano per motivi di lavoro. Io non ero pronto per quella città perché ero un ragazzo di paese e non ero pronto al centro, alle modelle, alle persone con tantissimi soldi. Io figlio di un custode non vedevo gli altri uguali a me; io volevo quel mondo, quel mondo lì. Non avevo l’istruzione e nemmeno l’età per quel mondo lì ma la suggestione era tanta, tanta. Entro in un giro di picchiatori e divento una delle trecento persone più pericolose di Milano. Mi nota un boss e mi affida dei compiti tra cui quello di portare una Mercedes da qualche parte. Io ero così contento di avere guidato quella macchina che nemmeno chiesi di essere pagato, mi bastava quello. Il boss allora mi disse ‘mi piaci’ e mi agganciò per nuovi lavori. Io ero entrato nel giro e il giro sembrava magnifico perché era pieno di soldi, era pieno di lusso, era pieno di macchine. Milano ai tempi era una città dalla mafia di nuova generazione: andava nei posti di comando, gestiva il centro, creava cose per le persone di potere e guadagnava con la gente importante. Nessuno si dichiarava mafioso ma agiva da mafioso promettendo soldi, girando favori, raccomandando persone per la politica. La mia carriera illegale proseguiva, io portavo la cocaina e ho iniziato anche ad assumerla perché a quei tempi io mi sentivo dio. Non ero ancora uno della cosca ma ero uno che lavorava per le cosche, mischiavo eroina e cocaina e la regola fondamentale era che chi lavorava per la mafia non doveva assolutamente drogarsi. E io mi drogavo. Se si fossero accorti che mi drogavo, sarei morto. Durante un lavoro io iniziai a stare male perché avevo bisogno di ‘farmi’ ma non ero solo, ero con un mini boss. Io dovevo farmi, era una necessità ma questo boss non mi lasciava, dopo il lavoro, mi voleva a casa sua per il pranzo. Io assumevo cocaina ed eroina. Ma la mia situazione era evidente e quello se ne accorse. Fui perciò condannato a morte, quasi condannato a morte. Ma prima che la calibro 38 mi colpisse, fu chiamato il mio capo che disse ‘no, Walterino non lo toccate, lo uccido io a Milano’. Delogu prosegue il suo racconto: “Ma a Milano nella zona di Linate fui massacrato di botte e rinchiuso in un pollaio ma rimasi vivo. Fui cacciato dal giro e quando mi trovai solo, mi feci una nuova dose di droga. Ma andai in overdose. E quella overdose mi condusse alla comunità e a un percorso lungo dodici anni per uscirne definitivamente. Sono quarant’anni che sono libero. Adesso non ho più paura”. Poi il dibattito e le domande degli studenti a chiudere una significativa mattinata.

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